REGGIO EMILIA – Hanno chiesto di essere processati con il rito abbreviato i dieci agenti indagati nell’ambito dell’inchiesta sul pestaggio avvenuto il 3 aprile 2023 nel carcere di Reggio. I loro legali hanno inoltre preannunciato che presenteranno al giudice una proposta di risarcimento per la vittima. E’ quanto accaduto nel corso dell’udienza preliminare che si è svolta in Tribunale: i dieci indagati, che a vario titolo devono rispondere delle accuse di lesioni, tortura e falso, sono comparsi davanti al Gup. L’inchiesta risale all’estate scorsa: l’episodio fu registrato dalle telecamere di videosorveglianza della Pulce di Reggio, immagini diffuse tre mesi fa e finite sui media nazionali provocando numerose reazioni. L’accusa contesta agli imputati di aver incappucciato con una federa stretta al collo il detenuto tunisino, calpestandolo, denudandolo e picchiandolo con calci e pugni, anche quando era a terra. Per nove agenti è stato richiesto il rito abbreviato ma con la condizione che venga ascoltato Maurizio Darmini, comandante facente funzione nel carcere di Reggio Emilia al momento dei fatti. Per un solo agente, accusato di falso, è stato richiesto il rito abbreviato secco. In più, come accennavamo, è stato preannuciato un risarcimento nei confronti della vittima.
‘”iamo arrivati a un accordo con le altre difese degli imputati a fare un’offerta risarcitoria che non può e non deve essere vista come ammissione dei fatti, perché così non è soprattutto per moltissime posizioni che dire che sono marginali è un eufemismo”, le parole di Sinhue Curcuraci, avvocato difensore. Tra i dieci agenti, tutti presenti in aula per l’udienza preliminare, uno solo ha ripreso a lavorare mentre gli altri sono ancora sospesi. “Ora dipende dal Ministero – ha aggiunto Luigi Marinelli, avvocato difensore – Ognuno di loro ha fatto, noi anche, la richiesta di essere reintegrati in servizio nell’attività lavorativa. Stiamo aspettando che il ministero ci dia una risposta”.
Cinque le parti civili già ammesse: oltre alla vittima, il garante nazionale e il garante regionale per i detenuti e due associazioni che tutelano i carcerati. “Il video è agli atti – ha detto Michele Passione, Avvocato Garante Nazionale per i detenuti – In qualche modo noi lo abbiamo visto anche perché è materiale processuale. Poi è circolato e credo che non offra possibilità di letture alternative al fatto che questo sia indubbiamente un episodio di tortura”.
Il Gup ha infine deciso di escludere il Ministero di Giustizia come responsabile civile (così come chiesto dall’Avvocatura dello Stato), perché non ha partecipato ad alcuni accertamenti irripetibili sui cellulari dei poliziotti. Procura, difese e parti civili si sono opposte. Il Ministero non sarà neanche parte civile. “Avremmo gradito che il Ministero di Giustizia si fosse presentato con la doppia veste. In qualità di parte civile come è successo in altre sedi, come Santa Maria Capua Vetere, ciò non è accaduto e questo ci è dispiaciuto molto”, ha dichiarato Luca Sebastiani, legale della vittima.
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