REGGIO EMILIA – Che storia hanno gli abiti che indossiamo? E perché uomini e donne utilizzano capi diversi? A queste, e altre domande, dà una risposta Andrea Batilla, nel suo libro “Come ti vesti”. Leggerlo significa viaggiare a ritroso nel tempo fino al Rinascimento, passare attraverso la rivoluzione industriale e arrivare a qualcosa che oggi si dà per scontato: “E che struttura molto anche i ruoli delle persone: ‘vestiti da uomo’ o ‘vestiti da donna’, ‘questa cosa è femminile’ o ‘questa cosa è maschile’ – ha detto l’autore – Ma sono limitazioni culturali, che derivano da un contesto storico. Se tu le conosci puoi continuare a fare quello che vuoi oppure puoi trovare la libertà di fare altro”.
Comprendere il linguaggio della moda è complesso, servono strumenti che sono gli stessi che dobbiamo avere davanti ad collezione di opere d’arte. Poi, ad esempio, serve studiare gli Hippie, la Beat Generation e tutti i movimenti di rottura, nella letteratura come nella musica. Solo la moda però è considerata frivola. E questo – ha aggiunto Batilla alle librerie.Coop all’Arco – ha a che fare con una svalutazione del ruolo delle donne, più esperte nella conoscenza dei meccanismi: “E la parte maschile ha deciso che fosse frivola attraverso un meccanismo svalutativo, che è un’altra delle cose che bisognerebbe superare. Ci sono delle personalità nella storia della moda che hanno avuto un approccio totalmente artistico, che sono state dei geni tanto quanto Picasso“.

Andrea Batilla con Deanna Ferretti Veroni e a figlia Sonia alla Modateca di San Martino in Rio
Consulente per diverse aziende, per cinque anni direttore dell’istituto europeo di design, Batilla è stato ospite del Soroptimist e di Deanna Ferretti Veroni. “La vostra – ha concluso – è una terra che ha dato un contributo importante alla storia della moda: siccome questa è una terra che è culturalmente libera, dal punto di vista storico e politico, questo aspetto imprenditoriale lo ha preso sul serio. Perché forse questa distinzione tra frivolo e non frivolo nei posti che sono culturalmente più profondi si sente meno“.
Guarda l’intervista integrale di Manuela Catellani













