REGGIO EMILIA – Ventuno miliardi di euro di valore aggiunto prodotto dalle principali aziende metalmeccaniche della provincia in questo decennio: come sono stati distribuiti fra imprenditori e lavoratori? La risposta arriva da una ricerca della Fiom.
Quasi 10 anni di bilanci, dal 2012 al 2019. Un campione assai vasto di aziende meccaniche reggiane con più di 30 addetti e, nel complesso, 34mila dipendenti. Un’analisi approfondita curata dall’Osservatorio Bilanci della Cgil per la Fiom, con l’obiettivo di tirare le somme di un decennio e trarre indicazioni utili su un fattore chiave: la distribuzione della ricchezza prodotta. Il primo elemento che colpisce è che le aziende del campione, nel periodo considerato, hanno registrato profitti netti cumulati per oltre 5 miliardi di euro, di cui più di 3 solo fra il 2016 e il 2019. In quegli 8 anni, il fatturato è aumentato del 37%, il valore aggiunto del 43, il costo del personale del 36 e gli utili del 107%. In altre parole, i profitti sono aumentati molto più dei salari.
Questo fenomeno può essere osservato anche da un diverso punto di vista. Fatto 100 il valore aggiunto prodotto anno per anno dalle aziende metalmeccaniche reggiane, la quota che serve per pagare il personale è scesa dal 62 al 59%, mentre la quota destinata ai profitti è cresciuta dal 18 al 26%.
L’indagine pone domande impegnative alle stesse organizzazioni sindacali. Il periodo 2016-2019 coincide grossomodo con l’ultimo rinnovo del contratto nazionale. I conti dell’Osservatorio Bilanci dicono che il rinnovo contrattuale ha garantito ad ogni lavoratore 479 euro lordi in più in quattro anni. Nello stesso arco di tempo, il datore di lavoro ha conseguito 40mila euro di profitti in più: non in totale, ma per ogni dipendente. La differenza nella distribuzione della ricchezza fra coloro che contribuiscono a crearla è così grande che si fa fatica a farsene un’idea. Un ulteriore elemento di riflessione per le organizzazioni sindacali sta nell’analisi differenziata fra aziende con contrattazione aziendale e aziende che applicano solo il contratto nazionale. Nelle prime, naturalmente, i salari medi sono più elevati, ma il valore aggiunto viene distribuito in maniera altrettanto diseguale.
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