REGGIO EMILIA – Stasera alle 22 a Decoder faccia a faccia di Gabriele Franzini con Cristina Beretti, presidente del tribunale reggiano. In questa anticipazione il magistrato parla della “riforma Cartabia”, dei referendum sulla giustizia e del processo Aemilia, che ha documentato la presenza della ‘ndrangheta nel nostro territorio. “Abbiamo imparato che ce l’abbiamo – le sue parole – che c’era e non ce ne eravamo molto accorti. Ce ne siamo accorti, ma non pensiamo che sia finita”.
Dall’inizio del 2018 Cristina Beretti è presidente del tribunale locale. In magistratura dal 1991, già coordinatore della sezione penale e della sezione Gip/Gup, la Beretti ha fatto parte del collegio giudicante del processo Aemilia insieme ai colleghi Caruso e Rat. Un’esperienza faticosa ma bella, racconta. Le minacce ricevute in aula da un imputato poi condannato, Francesco Amato, seguite a quelle per un sequestro patrimoniale, non l’hanno intimorita, ma la costringono da quattro anni e mezzo a girare con la scorta. “Devo dire che non facendo vita sociale, perché vengo in ufficio e poi vado a casa, non mi piace andare in giro a fare ‘vasche’ o per negozi, non è che mi sia venuto a mancare chissà cosa – ha detto – Sono scortata dalla Digos, persone serie e discrete, però ogni spostamento lo devo fare con loro”.
La Beretti spera che la riforma Cartabia possa accelerare i tempi della giustizia. Soprattutto, confida nel personale e nelle dotazioni informatiche che arriveranno a Reggio Emilia grazie ai fondi europei del piano di ripresa. La presidente del tribunale guarda invece con scetticismo ai referendum sulla giustizia promossi da Radicali e Lega. Fa l’esempio della invocata responsabilità civile dei magistrati che, dice, c’è già solo che è intermediata dallo Stato. Ma se il giudice o il pm fossero chiamati a rispondere direttamente da una delle parti? “Io magistrato mi faccio delle domande: chi dei due può farmi causa? Il rischio concreto è che il magistrato possa non essere più libero di decidere in piena autonomia”.
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