CORREGGIO (Reggio Emilia) – La sua versione, Marzio Iotti l’aveva già fornita. Era il 17 dicembre 2013 e il sindaco dimissionario di Correggio, negli studi del nostro settimanale Habitat, accettò di rispondere per un’ora alle nostre domande sulle sottovalutazioni, le ingenuità e gli errori che avevano portato al crac di Encor. La puntata si intitolava “Encor, il Pd e io”. Ma quella era comunque un’intervista a caldo. Otto anni dopo, Iotti ha voluto tornare a mente fredda su quella vicenda complessa e dilaniante per Correggio. Nel frattempo, la Corte dei Conti ha condannato l’ex sindaco e l’ex direttore generale del Comune Luciano Pellegrini a risarcire l’amministrazione con quasi 7 milioni di euro. Una sentenza che Iotti considera ingiusta, ma che costituisce comunque un punto fermo.
Nella sua ricostruzione, Iotti riconosce di aver commesso degli errori, ma dice che l’idea di dar vita a una società energetica comunale che sfruttasse le fonti rinnovabili non fu un’avventura insensata. Nacque, spiega, da una visita in Alto Adige, a Prato allo Stelvio: una realtà che esiste ancora oggi e funziona. Iotti sostiene che tutti i passaggi fondamentali dell’operazione furono condivisi dal Consiglio comunale, non di rado anche dall’opposizione, e ricorda che le potenzialità di Encor furono penalizzate dal mutare delle leggi nazionali in materia di società controllate dai Comuni.
La critica più dura l’ex sindaco la riserva agli amministratori comunali entrati in carica con le elezioni del 2014. La loro responsabilità, ai suoi occhi, è quella di aver rinunciato, dopo la sconfitta del Comune di Correggio nel primo grado di giudizio, a contrastare le pretese delle banche, che chiedevano all’ente locale di pagare i debiti di Encor. D’altra parte la strada della transazione ha consentito di ridurre del 30% gli importi reclamati. Quella di Iotti, comunque, è anche e forse soprattutto una rivendicazione della sua storia di ambientalista e dei suoi 20 anni di impegno come amministratore pubblico. Un impegno che ha dato diversi buoni frutti, presto dimenticati dopo il caso Encor.
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