REGGIO EMILIA – Parliamo ora di scuola, concentrandoci in particolare sugli istituti superiori dove, da due settimane, le lezioni si stanno svolgendo a distanza. Una modalità che però taglia fuori una quota di studenti impossibilitati a collegarsi.
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“C’è bisogno di non sottovalutare le condizioni territoriali e familiari nelle quali i nostri studenti sono inseriti. C’è un tema di attrezzatura, ma non è sufficiente nemmeno una buona attrezzatura per fare una buona scuola”. A parlare è la vicepresidente della Provincia con delega alla scuola, Ilenia Malavasi.
Gli investimenti per attrezzare le scuole e farle trovare pronte a riorganizzarsi con le lezioni a distanza in tempo di covid19 ci sono stati. Trentuno milioni di euro, in dispositivi e in abbonamenti per connettersi a internet, sono stati trasferiti dallo Stato e dalla Regione non solo agli istituti ma anche alle famiglie. Resta il problema della banda larga, che non ancora diffusa capillarmente ovunque. “La connettività in alcune zone non è ancora di un buon livello“.
Ma l’aspetto che maggiormente mette in difficoltà migliaia di studenti anche sul nostro territorio è insieme sia di tipo logistico che socio economico. Sono molte le abitazioni nelle quali è difficile studiare, perché, al di là dei problemi con l’infrastruttura digitale, manca una stanza adatta e a volte anche una scrivania. Questo tipo di difficoltà interessa, nella nostra provincia, la metà degli istituti superiori e in particolare riguarda gli indirizzi professionali. “Un divario che è impossibile da colmare”, sottolinea Stefano Versari, direttore dell’Ufficio scolastico regionale che stima almeno 100mila studenti in Emilia-Romagna alle prese con un contesto casalingo che compromette la crescita formativa. La soluzione proposta consiste nell‘allestire dei luoghi, distribuiti sui territori, aperti sia al mattino che al pomeriggio in modo da consentire a piccoli gruppi di seguire le video lezioni.
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