REGGIO EMILIA – Green Pass, caro energia, Imu, Tari a cui fanno da contraltare gli esigui aiuti del Governo. Il settore del turismo reggiano, piegato dagli effetti economici della pandemia, rischia di uscirne davvero a pezzi.
Nel corso del 2020 le imprese ricettive locali hanno perso il 62% del fatturato e il 59% delle presenze rispetto al 2019. Emerge da un sondaggio svolto tra gli associati di Federalberghi Confcommercio. Complessivamente, nel biennio 2020-2021 si sono dimezzati fatturato e presenze rispetto a un biennio “normale”. Un comparto intero a rischio chiusura se si pensa che è del 60% la quota limite per la sopravvivenza economica.
Situazione simile nel commercio dove non ha aiutato il Green Pass, considerato un ulteriore ostacolo per l’arrivo di ospiti. Col 90% di vaccinati bisognerebbe aprire le maglie anche per ridurre la tensione sociale. Questa è la richiesta di Confcommercio, che ricorda come in tutta la provincia, nei pomeriggi, scatta una sorta di coprifuoco effetto di quarantene e incertezza. Necessario anche un sostegno ai genitori imprenditori, siano essi donne o uomini, costretti alla quarantena per accudire i figli positivi al Covid.
“Ci si trova oggi a domandarsi se abbia senso davvero tenere aperte le nostre strutture – spiega Umberto Sidoli, Consigliere Federalberghi e proprietario dell’Hotel Posta e l’Albergo Reggio – o se convenga invece chiuderle per un nuovo e breve periodo in attesa che migliori la situazione sanitaria. Il mio albergo più piccolo, un tre stelle (l’Albergo Reggio, nda), è chiuso da Natale per permettere ai miei collaboratori di fare ferie, ma poi non ha più riaperto. Sicuramente resterà chiuso per tutto febbraio, sperando di poterlo riaprire a marzo”.
E dall’1 febbraio arriva anche a Reggio la tassa di soggiorno, La quota è a persona per ogni giorno di permanenza fino al quinto giorno, si parte da 2,50 per un 4 stelle a scendere. Quando la discussione partì, a livello amministrativo locale i tempi erano molto diversi. La sua entrata in vigore è certa, tanto che le strutture stanno facendo formazione al personale e adeguando gli strumenti di pagamento per la riscossione, sobbarcandosi altre spese.
Così Davide Massarini, presidente di Confcommercio
Occorre più pragmatismo da parte dello Stato nella gestione della pandemia. Il controllo del Green pass affidato ai piccoli esercenti è solo un ulteriore aggravio organizzativo in un contesto economico falcidiato dall’inflazione e nel quale si crea un’allarmante disgregazione sociale a discapito degli esercenti, per altro in un mercato in cui mancano regole adeguate per tutelare la libera concorrenza evitando distorsioni ormai macroscopiche e dannose per la collettività, i consumatori e le imprese.
L’introduzione del Green pass nei negozi non ha senso col 90% di vaccinati: bisognerebbe aprire le maglie, anche per ridurre la tensione sociale. A questo si aggiungano le quarantene. In tutta la provincia nei pomeriggi scatta una sorta di coprifuoco, effetto di quarantene e incertezza.
C’è un’ulteriore importantissima questione. Parliamo spesso della condizione della donna, delle imprenditrici e del lavoro femminile. Bisogna prevedere allora un sostegno ai genitori imprenditori, siano essi donne o uomini, costretti alla quarantena per accudire i figli positivi al Covid. Altrimenti è inutile meravigliarci se l’occupazione femminile in Italia cala e le donne sono costrette a stare a casa per occuparsi dei figli. Che poi tutto questo avvenga mentre a Roma c’è qualcuno che appone nell’urna voti per “Topo Gigio” è davvero un segnale triste e poco confortante da parte delle Istituzioni.
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