REGGIO EMILIA – Nel 2019, 8 ragazzine tra i 12 e i 14 anni si sono rivolte ai servizi dell’Ausl per un disturbo del comportamento alimentare, soprattutto anoressia. Un dato salito a 26 nel 2020, l’anno della fase più acuta dell’emergenza pandemica da Covid: scuole chiuse, isolamento sociale, impossibilità di sfogare la propria emotività con lo sport, convivenza forzata con la famiglia. Per qualcuno, tra i giovanissimi, troppo da sopportare.
“Durante il lockdown sono stati pochi i pazienti che sono arrivati ai servizi – ha detto a “Il medico e il cittadino” Anna Maria Gibin, responsabile del programma Disturbi del comportamento alimentare di Ausl – Sono arrivati a valanga nei mesi successivi e in condizioni molto gravi. Erano necessari interventi intensivi piuttosto immediati”.
Le persone in cura attualmente sono 305, prevalentemente ragazze e giovani donne fino a 30 anni. Il percorso prevede una equipe di medici e psicologi che lavorano ponendo al centro la paziente. I livelli di cura sono diversi: “Il colloquio prevede anche una valutazione della disponibilità della ragazza di mettersi in gioco – ha spiegato Iulica Boni, internista – Si deve decidere in quel momento agire, se la ragazza può reggere un livello ambulatoriale oppure se bisogna sottoporla a livelli di assistenza più elevati, fino al ricovero”.
In un anno, tutti i numeri del servizio sono aumentati: sono passati da 11 a 27 i pazienti assistiti per via telematica, da dietista e psicologa durante i pasti. Poi i casi più gravi, che hanno avuto bisogno del ricovero in Diabetologia: da 6 a 14.
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