REGGIO EMILIA – Il 26 marzo dello scorso anno negli ospedali reggiani erano ricoverati 550 pazienti Covid. Fu il momento più critico, il momento in cui l’azienda sanitaria fu sul punto di chiedere all’esercito un ospedale da campo. Poi, le misure del lockdown dispiegarono i loro effetti e la situazione nei reparti ospedalieri cominciò a migliorare. La pressione dell’onda del Covid si spostò sulle strutture territoriali, dagli hotel alle Rems, dalle Cra Covid all’ex ospedale di Albinea. Una rete che, nell’aprile 2020, arrivò a ricoverare quasi 950 persone.
Oggi, i numeri sono molto diversi. Nei reparti ordinari i posti letto destinati ai pazienti Covid sono in media 340 al giorno, la metà rispetto ad un anno fa. Eppure, il nostro sistema sanitario appare di nuovo in affanno con l’occupazione che è arrivata a sfiorare il 78%. Sono due diversi volti della crisi sanitaria: “Un anno fa la gente non si muoveva, la patologia no Covid era praticamente sparita”, spiega l’Ausl.
“Sarebbe stato fin troppo semplice dire è il Covid in questo momento che ci spaventa di più – il commento di Giorgio Mazzi, direttore del Presidio ospedaliero di Ausl – Trasformiamo tutti i letti possibili in Covid e l’altra patologia dovrà aspettare. Peccato che l’altra patologia, che non c’era nella prima ondata, oggi ci sia. Sono ancora largamente prevalenti i pazienti che si presentano in ospedale con altre patologie rispetto ai Covid”.
Negli ospedali, dal punto di vista numerico, la situazione attuale è paragonabile a quella vissuta nell’autunno scorso con la seconda ondata. Ma la malattia è subdola, le sue manifestazioni sono state diverse da una fase all’altra. Prevedere l’evoluzione dei sintomi nei pazienti non è facile e rende complesso organizzare i vari livelli di assistenza. Le esigenze sono tante e per questo a novembre si è valutato nuovamente l’ospedale da campo, che ora non servirebbe: “Ammesso che fosse disponibile da parte dell’esercito – ha concluso Mazzi – sarebbero letti di medio e bassa intensità, cosa che in questo momento non è una esigenza attuale avendo aperto anche 20 posti letto di lungodegenza”.
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