BOLOGNA – Tamponi a picco, ma non in Emilia Romagna. La Fondazione Gimbe punta il dito contro 9 regioni in cui le indagini per scoprire nuovi casi di contagio da Coronavirus sono calate drasticamente nell’ultima settimana.
“L’attività di testing – attacca il presidente del Gimbe Nino Cartabellotta – continua a non essere una priorità per molte Regioni: purtroppo, nella gestione di questa fase dell’epidemia, specie dove la diffusione del virus non sembra dare tregua, la strategia delle 3T (testare, tracciare e trattare) non è adeguata”.
In valore assoluto, la riduzione più netta arriva dalla Lombardia, la regione che resta più esposta al rischio Covid: -2576 tamponi rispetto alla settimana precedente, mentre agli antipodi di questa speciale classifica c’è proprio l’Emilia Romagna dove i tamponi sono stati 5.334 in più nell’ultima settimana. Impennata che testimonia l’aumentata capacità di eseguire test diagnostici – arrivata ora a 10mila al giorno – ma anche un atteggiamento di massima cautela. Chiunque entri in ospedale, anche per patologie non collegate al Covid, viene sottoposto a tampone. In più, ci sono i test sierologici sugli asintomatici: quelli che risultano positivi o anche solo vengono verificati con tampone al massimo in 48 ore.
Se, dunque, a livello nazionale la tendenza è quella di una diminuzione netta della attività di testing, l’Emilia Romagna va in direzione opposta con un pressing a tutto campo sui casi sospetti e sui contatti nella cerchia di coloro che risultano positivi. In prospettiva, però, il crollo del numero dei tamponi sarà inevitabile, indipendentemente dall’atteggiamento delle regioni. Lo spegnimento dell’emergenza, che porta con sé meno malati, meno casi attivi e meno sospetti (nell’ultima settimana -25% di ricoverati e -30% di occupazione di letti di terapia intensiva) ridurrà progressivamente la platea di coloro che necessitano di essere testati.
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