REGGIO EMILIA – Negli ospedali reggiani si sta ripetendo quello che è successo un anno fa: spazi trasformati, posti letto sottratti ai reparti ordinari e utilizzati per potenziare la terapia intensiva, da destinare ai pazienti più gravi, Covid ma non solo.
La dotazione di partenza è di 28 posti al Santa Maria Nuova e 4 a Guastalla: letti collegati a una serie di apparecchiature tecnologicamente avanzate, capaci di garantire terapie molto invasive, ad esempio la respirazione meccanica. Una realtà sconvolta dalla pandemia, una delle più importanti sul fronte ospedaliero.
Nella fase più acuta, a marzo e aprile 2020, si è arrivati ad avere più di 70 letti ad alta intensità di cura. Spazi e reparti sono stati trasformati in terapie intensive: tra le altre le sale operatorie del Santa Maria Nuova, parte dell’Endoscopia e Gastroenterologia del Core, la cardiologia dell’ospedale di Guastalla. Erano impegnati in pratica tutti gli anestesisti dell’Ausl. Ma Reggio Emilia, come tutta Italia, era in lockdown: solo gli incidenti stradali si erano praticamente azzerati. Poi era stata sospesa l’attività chirurgica programmata.
Le restrizioni del Natale hanno dato un po’ di respiro. Ora, la situazione si sta manifestando in tutta la sua criticità in un contesto in cui le misure anti contagio sono meno stringenti rispetto a un anno fa. E i posti di terapia intensiva sono nuovamente risaliti da 32 a 51: sono stati ricavati locali per i pazienti no Covid al quarto piano del Santa Maria Nuova, a Guastalla, a Castelnovo Monti e a Villa Salus. Come un anno fa, l’Ausl si è vista nuovamente costretta a sospendere gli interventi chirurgici non oncologici e non urgenti: ancora una volta è necessario avere a disposizione spazi e professionisti per affrontare il virus.
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