REGGIO EMILIA – Sono definiti “lavoratori poveri”: in tanti casi, l’effetto Covid sull’economia ha dato loro il classico colpo di grazia. Fa parte di questa categoria quel 25% in più di soggetti italiani che la Caritas reggiana ha registrato come aumento di richieste d’aiuto dall’inizio della pandemia. “Si tratta di persone, ad esempio nel settore della ristorazione dove ci sono tanti contratti precari, che sono rimasti a casa senza tutele né ammortizzatori”, ha spiegato Isacco Rinaldi, direttore della Caritas reggiana.
Le temperature sotto zero non possono che peggiorare la situazione sanitaria per le persone senza fissa dimora, destinatarie annualmente, dall’inizio di dicembre, del piano accoglienza inverno coordinato dalla Caritas assieme agli enti locali e a molte comunità e associazioni. Ma la pandemia ha, se non altro, velocizzato una riflessione che alza l’asticella degli obiettivi: rendere l’accoglienza inverno permanente tutto l’anno, puntando più sul progetto a lungo termine che sulla quantità immediata.
Quest’anno non ci saranno dormitori. L’aggiunta straordinaria per l’inverno sono, per ora, solo i 10 posti all’ex sede Ifoa di via Guittone d’Arezzo. “Abbiamo dovuto ridurre per garantire gli spazi e anche per tutelare gli operatori – ha detto Rinaldi – anche perché ne potremo avere meno per turno: opteremo per l’accoglienza di piccoli gruppi nelle parrocchie che hanno spazi adeguati”.
L’Ausl sottoporrà tutti al tampone preventivo prima dell’ingresso. E a queste parrocchie, come è stato chiesto lo scorso marzo, alla fine del piano inverno ma ancora nel pieno del lockdown, verrà chiesto quindi di seguire le persone accolte senza soluzione di continuità. Un percorso molto più impegnativo anche per l’ospite, da cui si cerca maggiore responsabilità nella ricerca di una nuova vita.
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