REGGIO EMILIA – “Soffre di problemi di salute che lo porterebbero a una condizione molto grave se venisse contagiato dal Coronavirus”. A spiegare le motivazioni che hanno condotto alla richiesta di misure alternative al carcere per il boss della ‘ndrangheta Nicolino Grande Aracri è uno dei suoi avvocati, Gregorio Viscomi.
“Ci sono almeno tre motivi alla base dell’istanza – dice ancora il legale – problemi respiratori e cardiocircolatori’. La decisione non deve essere presa secondo termini perentori ma solo ordinatori. La Dda dovrà esprimere la propria opinione e potrà chiedere l’esame di un perito.
Assieme al professor Filippo Giuncheri, un paio di giorni fa Viscomi ha presentato istanza al tribunale di sorveglianza di Reggio Emilia, visto che Grande Aracri, 61 anni, è uno degli imputati del processo Aemilia 1992, il troncone cold case scaturito dall’inchiesta Aemilia, dalle dichiarazioni dei pentiti rese nella maxi aula del processo e dalle nuove indagini della polizia. L’obiettivo è stabilire tutta la verità sui fatti di sangue avvenuti nel reggiano 27 anni fa, gli omicidi di Nicola Vasapollo a Pieve e di Pino Ruggiero a Brescello. Il momento choc in cui la ‘ndrangheta sparava anche in Emilia nella lotta tra le famiglie per l’egemonia.
Poi, le infiltrazioni della cosca Grande Aracri sul territorio tornarono più silenziose, puntarono all’economia, utilizzarono l’usura, l’estorsione e le false fatturazioni, si insinuarono nel tessuto locale, trovarono imprenditori emiliani disponibili ad accettare quell’aiuto.
L’istanza per Grande Aracri è una delle tante presentate legate al Covid: colpisce perché qui si parla dell’uomo punto di riferimento, per gli inquirenti, della cosca da oltre 30 anni. Dal 2013 Nicolino “mano di gomma” è detenuto nel carcere milanaese di Opera in regime di 41 bis, in seguito alle operazioni Tramontana e Porto Caleo. Negli anni si sono aggiunte altre ordinanze di custodia cautelare. Nel giugno scorso la Cassazione, alla fine del processo Kyterion – un’altra costola di Aemilia – ha condannato in via definitiva alla detenzione a vita Grande Aracri per l’omicidio del boss Antonio Dragone commesso nel 2004.
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