REGGIO EMILIA – Riceviamo e volentieri pubblichiamo integralmente la lettera di Daniele M. e Luciano G., congiunti di due signore ospiti della Rsa Villa Le Mimose.
Vorremmo fare qualche riflessione e sviluppare qualche considerazione sul mondo delle Rsa. Chi sono gli ospiti (residenti) che vivono in queste residenze? Come e perché si sono “trasferiti” lì anziché continuare a vivere nelle loro originali e storiche abitazioni? E ancora, chi ha deciso il loro “trasferimento” e per quali ragioni?
Riteniamo sia necessario e opportuno riflettere seriamente per rispondere adeguatamente a questi interrogativi per conoscere la realtà degli avvenimenti e le cause oggettive e soggettive che li hanno determinati. Tutti sappiamo che la decisione di “trasferirsi” in una Rsa non è presa direttamente dalla persona interessata, ma da altri soggetti del contesto famigliare di appartenenza che oggi è costituito da varie e complesse situazioni.
Questa decisione scaturisce anziché dalla peculiarità degli attuali assetti famigliari, dove il nucleo fondativo della famiglia dell’anziana/o non c’è più. Di conseguenza, egli si scopre in solitudine a fronte di un naturale processo di decadimento della propria autonomia per cui necessita di sostegni e di apporti di altri per gestire dignitosamente il resto della sua esistenza. Chi si fa carico di rispondere a questa nuova realtà e alle conseguenti esigenze, posto che il nucleo famigliare basilare si è atomizzato?
Si presenta una situazione complessa con delicate complicazioni gestionali e spesso anche con difficoltà relazionali fra vari assetti famigliari perché è intervenuta una mutazione profonda dei rapporti inter-familiari. A fronte di questa situazione peculiare della famiglia, spesse volte anche dopo aver fatto ricorso a un supporto esterno quali le badanti (anch’essa soluzione difficile e complessa) si ricorre al trasferimento della persona anziana nella Rsa.
Così la Rsa diventa il contenitore che libera la complessa realtà famigliare dai suoi compiti di accudimento e di gestione della persona anziana non più autosufficiente e autonoma. Alla Rsa e ai suoi operatori socio-assistenziali vengono demandati tutti i compiti di gestione dell’anziano/a. Quindi, il percorso assistenziale dell’ospite, che invecchiando diventa anche più fragile e più bisognoso di attenzioni e di affetto, sino alla fine dei suoi giorni sarà gestito, curato, assistito e sostenuto anche psicologicamente dagli operatori delle Rsa.
In questi tempi di emergenza, causa l’epidemia che ha reso indispensabile la chiusura degli accessi ai famigliari per le visite ai propri cari ospiti, sugli operatori si sono riversate totalmente le esigenze di affetto oltre a quelle normali di cura e assistenza. Ora, a noi pare sia necessario e opportuno che ci si renda conto da parte di tutti del ruolo di questi lavoratori, del carico di lavoro e di responsabilità cui giornalmente sono oberati e delle complicate azioni assistenziali ed emotive che permanentemente devono affrontare.
L’epidemia ha fatto scoprire all’opinione pubblica il ruolo dei medici, degli infermieri e di tutti gli operatori ospedalieri. Si parla e si scrive di loro come angeli e come eroi con il giusto intento di esprimergli vicinanza e gratitudine per il lavoro professionale che svolgono e per i rischi che corrono. E’ giusto avere consapevolezza delle responsabilità che hanno e valutarli per il loro impegno che gli deriva dalla loro scelta professionale che onorano ininterrottamente. I medici e infermieri ospedalieri, così pure quelli che operano nel territorio, curano il malato che, una volta guarito, torna a casa, in famiglia e nella società. Perciò hanno una relazione temporale con il malato, che inizia con la fase acuta della malattia e termina quando la malattia è sconfitta con la guarigione.
Diversamente l’ospite che entra nella Rsa, non per malattia ma perché è solo e non in condizioni di badare a se stesso, qui vi resterà per il resto della sua vita. Quindi, gli operatori delle Rsa devono assolvere ai compiti di assistenza e avranno la responsabilità della condizione sociale dell’ospite compreso il sostegno psicologico per sempre, senza interruzione di continuità. Non crediamo che esista una sottospecie di angeli ed eroi, che tuttavia sono appellativi da abolire perché inducono valutazioni non reali dell’opera che ogni giorno e per sempre fanno gli operatori ai quali sono consegnate le condizioni sanitarie e lo stato d’animo degli ospiti assistiti.
Si tratta di un carico di lavoro fisico pesante e permanente, intriso di emozioni provocate dai ricordi di una vita vissuta con sofferenza, sacrifici, conquiste e anche, a volte, con umiliazioni, perché così è il film della vita di ognuno degli ospiti. L’anziano/a entra in ospedale per curare la malattia in fase acuta e una volta guarito esce soddisfatto e grato a medici e infermieri con i quali, generalmente, non ha il tempo per narrare la storia della sua vita. Superata la malattia ritorna a casa, in famiglia, e riprende i suoi rapporti sociali, rivive i suoi affetti ed i suoi interessi.
Per l’ospite delle Rsa la famiglia non è più il luogo e l’ambiente sociale della sua vita. La diversità fra struttura sanitaria e Rsa è evidente: diversa è la ragione per la quale vi si accede, diverse sono le possibilità di socializzazione, diversa è la condizione fisica e affettiva e diverso è il carico di lavoro e di responsabilità dei lavoratori che vi operano. Queste diversità impongono una operazione verità, affinché si comprenda pienamente il ruolo dei lavoratori delle Rsa e più in generale dei soggetti che hanno in carico le persone più fragili: anziani, portatori di handicap, minori disadattati. Non sono angeli ed eroi, ma sono lavoratori professionisti consapevoli e che rendono meno gravi le conseguenze degli atteggiamenti egoistici troppo diffusi nella nostra società, verso le persone bisognose di aiuto, di affetto, di comprensione e di solidarietà.
Questi atteggiamenti egoistici spesso producono conseguenze più gravi delle stesse malattie, soprattutto nei soggetti più fragili. E’ tempo che tutti riconoscano il valore del lavoro degli operatori delle Rsa, che gli sia data la dovuta rilevanza e il meritato ringraziamento per quanto quotidianamente fanno per lenire il malessere dei nostri cari. offrendo loro l’affetto di cui tanto hanno bisogno. Insomma, ruoli e professioni diverse fra operatori sanitari e assistenziali, ma protagonisti tutti di una comune missione in difesa dei soggetti più deboli che è la condizione per rendere più umana la società e assicurare benessere alle persone.