REGGIO EMILIA – Sembravano set cinematografici improvvisamente abbandonati dagli attori le piazze di città e provincia. Evidente l’intento delle luci tenute accese tutta la notte: quello di dire noi ci siamo. Evidente il fatto di apparecchiare i tavoli nei locali vuoti e la cui porta non veniva aperta da due mesi: siamo in attesa.
Messaggi simbolici da parte dei 200 ristoratori ed esercenti pubblici reggiani che hanno aderito all’iniziativa nazionale RisorgiamoItalia, l’ultimo dei quali è stata la consegna delle chiavi dei loro locali al sindaco di Reggio, Luca Vecchi, in mattinata. All’amministrazione comunale chiedono facilitazioni burocratiche e sospensione della tari per il 2020; Vecchi ha chiesto che il governo intervenga con misure apposite per la categorie e ha annunciato il congelamento, con lo slittamento in avanti di due mesi, del Cosap, il canone per l’occupazione di spazi pubblici, dicendo che è la prima di una serie di misure che l’amministrazione adotterà.
In Emilia Romagna 25mila sono le attività nel mondo della ristorazione per 165mila occupati: la stima è che il 30% rischi di chiudere non solo per le misure, che tutti dicono doverose, di chiusura e contenimento, ma per la mancanza di direttive per il futuro. “Il presidente Bonaccini non era d’accordo per la riapertura il primo giugno”, dicono i ristoratori. Sperano in qualche giorno d’anticipo, quindi, come accaduto per l’asporto, che ripartirà il 4 maggio. Ma ciò che manca sono, sostengono i professionisti reggiani, le linee guida per capire come attrezzare i locali: “Volete dirci come le dobbiamo accogliere queste persone?”.
Guarda le foto di Corrado Bertozzi per Reggionline
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