REGGIO EMILIA – Quasi sei imprese reggiane su dieci hanno svolto la propria attività a regime ridotto durante l’emergenza Covid.
Con una media del 61,2% è il terziario il settore che ha subito la contrazione maggiore, con picchi preoccupanti: il 78% delle imprese della filiera turistica e il 66% di trasporti e logistica ha lavorato a ranghi ridotti. E’ quanto emerge dall’analisi dell’ufficio Studi della Camera di Commercio reggiana. I risultati dell’indagine sono frutto delle interviste alle imprese effettuate fra il 25 maggio e il 9 giugno scorsi.
Il 6,8% delle realtà della nostra provincia ha dichiarato invece di aver totalmente sospeso l’attività e sta valutando la chiusura. I dati provinciali relativi a questo ultimo indicatore sono lievemente migliori se confrontati con l’Emilia Romagna (7,7%) e inferiori di quasi tre punti percentuali rispetto al totale nazionale (9,6%). Anche in questo caso però è nettamente superiore alla media (il 16%) il rischio di cessazione dell’attività nelle aziende dei servizi di alloggio e ristorazione e in quelle turistiche, analogo discorso per quelle dei servizi alle persone (16,6%).
Fra le attività manifatturiere, quelle che stanno pagando il prezzo più elevato sono le industrie del sistema moda, per le quali il rischio chiusura è valutato dall’11,3% degli imprenditori e quasi due su tre ha lavorato a regime ridotto. Il 35% delle imprese intervistate però ha dichiarato che durante il lockdown l’attività dell’azienda non si è discostata eccessivamente dai regimi pre-emergenza. Le imprese della trasformazione alimentare e delle bevande hanno retto meglio: il 53,4% ha continuato a lavorare come prima, così come il 50% circa delle aziende del settore ceramico e delle industrie metallurgiche.
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