REGGIO EMILIA – Centinaia e centinaia di imprese edili reggiane colpite da interdittive antimafia dal 2009 ad oggi: da lungo tempo il settore delle costruzioni è tra i più esposti all’infiltrazione della criminalità organizzata. Per anni imprese in odore di ‘ndrangheta hanno imperversato nei cantieri. Quanto è stato inquinato il settore? “Molto. Per molti anni non si sono colti segnali clamorosi. Partecipavo ai convegni regionali della Banca d’Italia e Reggio, negli anni d’oro dell’edilizia, era la provincia con la più alta richiesta di banconote da 500 euro”.
Enrico Zini, imprenditore e presidente della Cassa Edile, non minimizza e non usa giri di parole. Oggi, spiega, a più di 15 anni di distanza dall’inizio della stagione delle interdittive prefettizie, dopo i protocolli di legalità e il badge di cantiere, la situazione è migliorata. Ma molto resta ancora da fare e le imprese sane, dice Zini, sono le prime a chiedere di stringere ancor più le maglie dei controlli.
Resta un dato di fatto sottolineato mercoledì in un convegno dal Prefetto Maria Rita Cocciufa: la ‘ndrangheta c’è ancora, ma nessuno denuncia. Zini è convinto che questo atteggiamento dipende almeno in parte dalla dimensione delle imprese del settore. “Cosa vuol dire? Sono micro, singoli, tantissimi artigiani e questo lascia un vuoto molto forte. Aziende di dimensioni maggiori avrebbero più strumenti per contrastare l’illegalità”.
Il presidente della Cassa Edile mette sul tavolo anche una proposta per evitare che le aziende legate alle cosche possano trovare il modo di aggirare le interdittive della Prefettura: “La filiera dei subappalti dovrebbe essere controllata come l’impresa che va in Comune e firma la catena dei subappalti in cantiere non dovrebbe fermarsi al controllo del primo firmatario. Questo aiuterebbe molto”.
Decoder Enrico Zini Infiltrazioni mafiose nelle costruzioni Cassa Edile Reggio