REGGIO EMILIA – La rimozione di Marco Mescolini da procuratore capo di Reggio ha aperto la strada a un tentativo di rimettere in discussione la verità giudiziaria acquisita con i processi alla criminalità organizzata.
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Chi temeva che la cacciata del magistrato simbolo della lotta alla ‘ndrangheta avrebbe offerto il pretesto per tentare di riscrivere la storia dei rapporti fra cosche e colletti bianchi accertati dalle indagini e dalle sentenze non si sbagliava. Ha cominciato nei giorni scorsi Gianluca Nicolini, coordinatore provinciale di Forza Italia. Ha scritto Nicolini: “Dopo sei anni la verità è emersa, rendendo giustizia a Giovanni Paolo Bernini e Giuseppe Pagliani, due vittime della giustizia politicizzata, colpevoli solo di aver militato nel partito di Berlusconi”.
La verità però è un’altra. Per limitarsi a Pagliani, la verità è che l’ex capogruppo del Pdl in Consiglio provinciale è stato indagato non perché militava nel partito di Berlusconi, ma perché uomini della cosca Grande Aracri, intercettati dalla Dda di Bologna, parlavano al telefono con lui, gli chiedevano di farsi portavoce delle loro istanze e gli promettevano in cambio appoggio elettorale. Dopo alterne vicende, Pagliani è stato infine assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. E anche i giudici che lo hanno assolto hanno stigmatizzato i suoi comportamenti e le sue frequentazioni.
Questa è la verità giudiziaria. Poi c’è una verità storica emersa grazie alle indagini. Il 2 marzo 2012 Pagliani si recò in via Plauto, a Pieve Modolena, per incontrare nell’ufficio della sua azienda Nicolino Sarcone. Questi già 9 anni prima era stato arrestato nell’operazione Edilpiovra e da allora era sotto processo per associazione mafiosa, indicato dagli inquirenti come il capo della cosca Grande Aracri a Reggio. All’incontro parteciparono anche Gianluigi Sarcone, Antonio Muto e Pasquale Brescia, tutti in seguito condannati come ‘ndranghetisti. Di cosa si discusse nella riunione? Si discusse dell’idea di aprire un nuovo circolo del Pdl in città. Vi sembra strano? Non è strano, perché le sentenze hanno stabilito che almeno fino al 2012 molti dei futuri condannati per mafia nel processo Aemilia – i fratelli Sarcone, Alfonso Diletto, Paolini e Brescia – partecipavano alle cene di partito del Pdl e raccoglievano le firme per le liste di centrodestra nei comuni di Brescello, Bibbiano e Campegine.
Nicolini ha letto le sentenze e queste cose le conosce. Forse invece non ha ancora letto l’ordinanza di custodia cautelare con cui ieri il giudice Alberto Ziroldi del Tribunale di Bologna ha disposto l’arresto di 9 persone, tra le quali Giuseppe Sarcone Grande, l’ultimo dei fratelli Sarcone ancora in libertà. Un’ordinanza in cui queste vicende vengono ancora una volta ripercorse e in cui il giudice scrive che Pagliani “si era fatto rappresentante e portavoce pubblico dei vertici della consorteria”.
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