CORREGGIO (Reggio Emilia) – “Dopo 11 anni e sei gradi di giudizio, con accuse infamanti sulla mia onorabilità, sono stato assolto da tutto. Sono rimasto a vivere a Correggio, a testa alta, non sono scappato e il tempo ha dimostrato che avevo ragione”. Così Roberto Cesi alla Gazzetta di Reggio.
Ora in pensione, l’ex comandante dei carabinieri di Correggio fino al 2011, finì a processo con 27 capi d’imputazione. Venne assolto per 26 capi d’imputazione in primo grado a Reggio nel 2016, tra queste minacce, concussione, omissione di atti d’ufficio e omessa denuncia. Per 12 delle 26 accuse la Procura Generale aveva impugnato e il giudice aveva poi bocciato il ricorso.
Giovedì 15 dicembre la vicenda si è conclusa definitivamente di fronte alla Corte d’Appello di Bologna. Il procuratore generale ha chiesto l’assoluzione anche per gli ultimi due capi d’imputazione rimasti. Accuse di concussione relative ai lavori di ristrutturazione in caserma e ad una segnalazione che l’ex comandante aveva fatto ad un barista per una possibile assunzione di persone di sua conoscenza.
Cesi ora annuncia l’intenzione di rivalersi contro chi lo ha accusato e sempre alla Gazzetta ha dichiarato: “Ricostruirò tutto, dirò tutto. Non nascondo la mia soddisfazione nel vedere che le persone che hanno contribuito al mio allontanamento si trovano invischiate in certi problemi”. L’ex sottufficiale anche giovedì ha ribadito la convinzione che le sue disavventure siano motivate dal fatto che aveva iniziato ad occuparsi di En.Cor, la società poi fallita nel 2014 lasciando una voragine nei conti del Comune.
Il maresciallo ha ricostruito tutta la sua complessa vicenda e ha raccontato che fece delle informative in Procura e venne aperto un fascicolo. Per l’avvocato Giuseppe Rossodivita, suo difensore, la storia di Cesi si può definire “è un caso paradigmatico di malagiustizia”, che “ha tenuto in ostaggio una persona per undici anni”.
Cesi ha commentato: “Essere sbirro vuol dire che ti puoi sporcare le mani, a differenza di chi non fa mai niente”.