REGGIO EMILIA – Tra gli effetti delle misure di limitazione della mobilità c’è un sensibile miglioramento della qualità dell’aria in provincia nelle ultime settimane. Ma neppure il drastico calo del traffico ci mette al riparo dai picchi di inquinamento.
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“E’ vero. Sono diminuite tantissimo le emissioni date dal traffico e non solo, per cui la quantità di inquinanti immessi nell’aria nell’intero bacino padano è drasticamente diminuita”.
Scuole chiuse, saracinesche abbassate per tanti negozi, compresi bar e ristoranti, uffici pubblici che, quando ricevono, ricevono solo su appuntamento: l’effetto delle misure di contenimento del Coronavirus si fanno sentire anche sulla qualità dell’aria. Luca Torreggiani, responsabile della rete di monitoraggio di Arpae, spiega che dal 25 febbraio scorso la concentrazione delle polveri fini nella nostra provincia è sensibilmente calata. Ieri in città è scesa addirittura a 15 microgrammi per metro cubo. Ma giovedì 12 marzo le Pm10 erano schizzate a 56, oltre il limite dei 50. E lo stesso era accaduto a Parma, Modena e Ferrara. Come è possibile?
“Nonostante siano giornate in cui il traffico è stato ridotto più di quanto potrà mai essere ridotto attraverso le classiche misure di limitazione, nel bacino padano si possono ugualmente avere giornate in cui si ha un forte accumulo degli inquinanti“. Il motivo, spiega Torreggiani, è che la qualità dell’aria in Emilia-Romagna è governata principalmente dai fattori meteorologici. In certe giornate la Pianura Padana è come una stanza con le finestre chiuse: gli inquinanti non riescono a disperdersi in atmosfera. Ma attenzione: questo non significa che la drastica riduzione del traffico non abbia effetti significativi anche nei giorni di maggiore ristagno delle polveri fini. “Possiamo affermare che senza il blocco della circolazione in quelle giornate anziché avere 55 microgrammi al metro cubo ne avremmo avuti 100”.
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