REGGIO EMILIA – Si riavviano i motori della produzione cinese, sottoposti a un prolungato periodo di inattività come misura dovuta al contenimento della diffusione del Coronavirus. Ma è una partenza in ordine sparso, a seconda delle decisioni prese provincia per provincia, con quella dell’Hubei, cuore dell’epidemia, ultima nel ricominciare.
I conti con le ripercussioni di questa fase di stallo li sta facendo anche il tessuto economico e imprenditoriale reggiano. Tante sono le realtà del manifatturiero che ricevono forniture dalla Cina. L’occhio è puntato sulle scorte di magazzino. Alla Rcf, ad esempio, la quantità di componenti a disposizione dà respiro alla produzione per una ventina di giorni. Su provviste per più di un mese di lavorazioni può contare la Kohler Lombardini. Ma è tutto il mondo della componentistica e soprattutto dell’oleodinamica che comincia a navigare a vista.
Mentre con le maggiori difficoltà è alle prese il gruppo Max Mara, visto che nella moda i problemi riguardano sia i prodotti finiti che dall’Asia devono essere distribuiti, sia i tessuti e le parti destinati a ulteriori lavorazioni in più luoghi del mondo, Italia compresa.
Il punto della situazione verrà fatto da Unindustria martedì nell’ambito del consiglio generale in programma ai Chiostri di San Pietro. Una sessantina le aziende che si confronteranno su uno scenario incerto per via delle numerose variabili. Una delle quali riguarda la logistica, settore che in Cina è stato investito in pieno dal blocco e che si sta lentamente risvegliando, con infinite spedizioni di container in arretrato da smaltire. E da tenere presente ci sono i lunghi tempi di consegna via nave, che superano le tre settimane.
Timori emergono anche dal fronte sindacale. Ritmi produttivi più lenti hanno fatto saltare turni di notte, oppure sono stati utilizzati dalle aziende per far smaltire periodi di ferie ai dipendenti. Se la situazione non rientra, nel giro di tre settimane non è escluso il ricorso alla cassa integrazione.
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