REGGIO EMILIA – La riorganizzazione del servizio sanitario in poche settimane, i focolai nelle case protette, le tante vittime e il lavoro incessante di medici e infermieri: sono alcuni dei temi affrontati ieri sera a Decoder dal direttore generale dell’Ausl Fausto Nicolini a due mesi dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus. Nicolini ha parlato anche delle condizioni necessarie per la ripresa delle visite specialistiche e degli esami diagnostici.
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“Noi siamo consapevoli che bisognerà ricominciare l’attività ordinaria, ma non sarà possibile farlo ritornando rapidamente alla situazione precedente. Dovremo convivere ancora con il Covid, per cui i percorsi devono essere differenti”.
Trasportata in ambito sanitario, la fase 2 non è dietro l’angolo. Anche se il quadro migliora e il numero dei pazienti ricoverati per Covid è sceso a 400, liberando 200 posti letto, riprendere visite specialistiche ed esami diagnostici non è ancora possibile. Il Coronavirus ha imposto di stravolgere in poche settimane il sistema sanitario. I tanti focolai nelle case protette sollevano interrogativi. E’ successo anche a Reggio, come in Lombardia, che pazienti Covid non gravi siano stati trasferiti nelle strutture per anziani?
“No, nella nostra provincia è successo il contrario: alcuni pazienti delle strutture protette sono stati ricoverati in ospedale”.
Riportare la gestione delle Rsa sotto il cappello delle aziende sanitarie, come ha ipotizzato il commissario straordinario Venturi? “Non bisogna chiederlo a me, è una decisione strettamente politica”, risponde il direttore generale Nicolini. “Dico solo che dovrà diventare un’azienda molto robusta dal punto di vista gestionale e operativo”.
Ma qual è l’impatto economico di questi due mesi di emergenza sui conti dell’azienda sanitaria reggiana?
“Io non glielo so dire. Ci siamo dedicati in questa fase al contrasto dell’epidemia, alla salute delle persone. Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto gettando il cuore oltre l’ostacolo”.
Chiediamo a Nicolini se si rimprovera qualche errore. “Se qualcuno vuole dire di sentirsi adeguato di fronte a un’emergenza di questo genere, tanto di cappello. Noi non eravamo pronti, ma tutta la sanità mondiale non lo era, perchè un’epidemia di questo genere c’è stata solo nel 1920”.
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