REGGIO EMILIA – Se ti metti a margine della strada puoi aspettare anche diversi minuti prima di vedere qualcuno passare. Non è una strada nella desolata death valley americana, nemmeno una stradina secondaria di paese. E’ la via Emilia. E non siamo a Ferragosto. In una qualunque mattinata durante la settimana qui c’erano code, rallentamenti, traffico congestionato. Chi andava al lavoro, chi portava i bambini a scuola, chi trasportava merci. Dopo i decreti del presidente del consiglio dei ministri per contenere la diffusione del coronavirus sono rimasti praticamente solo loro: i camionisti. E le pattuglie della polizia stradale, che controllano che non vengano trasgredite le nuove norme. Con guanti e mascherina gli agenti chiedono l’autocertificazione. Stessa situazione al casello autostradale di Canossa-Campegine.
Nella zona industriale di Calerno, che si affaccia sempre sulla via Emilia, le auto parcheggiate davanti alle aziende sono pochissime rispetto al solito. Molti dipendenti lavorano da casa. Del resto il decreto chiedeva ai titolari di incentivare ferie e congedi e di chiudere reparti non indispensabili. Anche le serrande dei negozi e dei bar sono chiuse. Fuori i cartelli dei gestori che hanno dovuto o hanno scelto di chiudere, per tutelare la salute di tutti. Alle finestre gli striscioni ‘andrà tutto bene’.
Percorrendo la via Emilia arriviamo in pochi minuti da Sant’Ilario a Reggio. E anche la città ci mostra il suo volto di questi ultimi giorni: bello e solitario. Sui minibu si viaggia praticamente da soli. Si, la maggior parte dei reggiani sta rispettando queste regole che nessuno avrebbe voluto ma necessarie. Intanto il cielo blu si riprende la scena, sulle montagne in lontananza si vede persino la neve. La primavera che irrompe ci ricorda che il tempo, quello no, non si ferma.
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