REGGIO EMILIA – L’emergenza sanitaria che viviamo ha comportato una rivoluzione per il servizio infermieristico domiciliare dell’Ausl. Ieri a Il Medico e il Cittadino, la dottoressa Serena Santini ha raccontato come è cambiato il suo lavoro, a partire dalla procedura della vestizione.
“Dal punto di vista professionale – ha detto – abbiamo dovuto imparare una vestizione che non ci apparteneva assolutamente: cuffia, occhiali, schermo facciale, mascherina FFP2 con sopra mascherina chirurgica, un doppio camice con un terzo strato idrorepellente, manicotti, sovrascarpe e due paia di guanti”.
La dottoressa Santini lavora al Servizio infermieristico domiciliare dell’Ausl del distretto di Scandiano. A lei e ai suoi colleghi, dopo l’inizio dell’epidemia di Coronavirus, è stato chiesto di occuparsi anche dei pazienti Covid che sono in isolamento domiciliare. “Il nostro lavoro – racconta – si basa per l’80% sulla relazione con il paziente e negli ultimi mesi questo equilibrio è stato completamente stravolto. Ci presentiamo a casa vestiti da capo a piedi. Non si vedono bene nemmeno gli occhi. Il paziente si trova di fronte questa figura quasi irriconoscibile, a volte anche un po’ spaventata, perché anche noi all’inizio abbiamo avuto paura”.
Se l’infermiere ha timore del contagio, il paziente è preoccupato per la propria salute e si trova catapultato in una situazione che lo mette in ansia. “Anche il paziente è spaventato e cerca risposte da noi. I parenti devono stare a distanza o addirittura non essere presenti”.
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