REGGIO EMILIA – La fase due per i pronto soccorso è già iniziata. E’ quella in cui i medici, quasi senza accorgersene, parlano al passato, perché lì è rimasto il peggio.
Tra il 20 e il 30 marzo il pronto soccorso del Santa Maria era occupato per 3/4 da spazi dedicati a pazienti Covid-19; da allora le uscite sul territorio dei mezzi del 118 per chiamate da Coronavirus sono calate del 50% e negli ultimi giorni si sono registrati di nuovo accessi per patologie diverse, soprattutto quei codici uno calati del 90% negli ultimi due mesi.
Nessuno, comunque, è stato rifiutato, in questo periodo: tecnicamente si chiama triage out ed è successo in alcuni ospedali, soprattutto lombardi, per l’oggettiva impossibilità di poter accettare pazienti diversi da quelli Covid-19. Chiaro che i tempi sono cambiati e cambieranno ulteriormente nei prossimi giorni, di pari passo con l’indebolimento del contagio.
Il percorso a ritroso è iniziato, ma non è ancora tempo per le decisioni: rimane al suo posto la tensostruttura esterna che da punto di divisione dei percorsi è diventata adesso luogo dove fare i tamponi. Rimangono chiusi i pronto soccorso di Scandiano e Correggio. Una decisione, però, è già stata presa: quella di adottare in maniera fissa protocolli sperimentati in emergenza e mai provati prima. Tra queste, una nuova modalità di aerazione di alcuni reparti. “Chiedo prudenza ai reggiani – le parole della direttrice dei pronto soccorso Anna Maria Ferrari – in vista delle riaperture, il loro comportamento è stato e sarà fondamentale”.
“E’ stato bello vedere lavorare la mia troupe di 35 medici e 120 infermieri con questo impegno anche umano e di vicinanza ai pazienti. Un periodo così intenso non l’avevamo mai affrontato”. Non ha un giorno di riposo dal 22 febbraio. Tensione, preoccupazione, emozione. “Ho pianto quando mi sono trovata di fronte un particolare sguardo che chiedeva aiuto, così perso… spero ce l’abbia fatta”.
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