REGGIO EMILIA – Le fabbriche riaperte dal 4 maggio; i negozi di abbigliamento e scarpe dal 18 maggio assieme a mostre e musei, mentre bar, ristoranti, pizzerie, birrerie, gelaterie e pasticcerie avranno il via libera soltanto dal 1 giugno, pur con la possibilità da subito intanto di vendite da asporto e a domicilio. Attesa di un mese anche per parrucchieri, barbieri e centri estetici. Questo il calendario fissato dal Governo con le misure di contenimento dell’epidemia di Covid-19. Ma tutto il mondo dei servizi morde il freno.
E’ costituito in provincia da 3.099 imprese della ristorazione, da 844 parrucchieri e barbieri, da 310 saloni di bellezza. Queste micro e piccole imprese sono angosciate dal crollo dei ricavi, da affitti e bollette che continuano ad arrivare. Non bastano il bonus di 600 euro, i rinvii delle scadenze di tasse, contributi e rate di mutui, la cassa integrazione per i dipendenti o l’erogazione di prestiti agevolati a cancellare le ombre di un futuro sempre più incerto.
La spinta ad anticipare i tempi di apertura è alta. Ristoratori e baristi nei giorni scorsi con un gesto simbolico hanno consegnato le chiavi dei loro esercizi al sindaco di Reggio Luca Vecchi. I parrucchieri hanno lanciato una campagna choc sui social diffondendo le loro foto con il phon per capelli puntato drammaticamente alla tempia a mo’ di pistola.
I sindaci della provincia hanno inviato una lettera-appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al presidente della Regione Stefano Bonaccini per chiedere un piano di sostegno a queste categorie e un piano di riaperture anticipato. Il premier non ha escluso una ripartenza dal 18 maggio, magari differenziata per regione, in base all’andamento al ribasso delle curve di contagio.
L’Emilia Romagna, di colore giallo come mostra la cartina, è fra le zone di raffreddamento dell’epidemia, nonostante i numeri elevati del recente passato. Le regioni col verde sono quelle a minor presenza di ammalati, quelle col colore rosa stanno registrando incrementi e quelle col rosso sono le zone più calde del contagio.
Gian Piero Del Monte
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