REGGIO EMILIA – “Quello che ci preoccupa in questo momento sono i cosiddetti ‘furbetti del codice Ateco’, perché in questo momento ci sono aziende, poche per fortuna, che stanno cambiando il codice per poter lavorare o aziende che si autocertificano come necessarie anche se effettivamente necessarie non sono”.
La dichiarazione è del segretario della Fiom Reggio Emilia Simone Vecchi. Ateco è invece l’acronimo che sta per Attività Economiche. Il relativo codice, utilizzato dall’Istat nelle sue analisi, è servito al governo per stilare la lista delle tipologie di aziende che possono continuare a produrre nonostante il blocco imposto dall’emergenza Coronavirus.
Il decreto del 22 marzo, noto anche come “Chiudi Italia”, ha delineato 82 categorie ritenute essenziali come l’agroalimentare, i trasporti, l’energia, la farmaceutica e tutto ciò che si collega all’ambito sanitario. Le industrie della nostra provincia al momento sono ferme. Le poche rimaste in attività contano circa un migliaio di lavoratori, fa sapere la Fiom. In un paio di giorni, però, la prefettura, che si occupa di vagliare le richieste di deroga al decreto, ha raccolto circa 2.500 domande. Tante sono le aziende che autocertificano come “essenziali” le loro attività.
“Ci preoccupa tutto il mondo della meccanica agricola – ha aggiunto Vecchi – perché la legge permette di produrre dei ricambi e ci sono già aziende che in questo momento utilizzano l’ambiguità fra ricambi e componenti per continuare a produrre al 100%, come se niente fosse”. Soltanto la meccanica agricola, in città, conta 15mila addetti. Il meccanismo del silenzio-assenso consente la riapertura già da lunedì. Nel caso di irregolarità, la sospensione spetta alla guardia di finanza dopo un’istruttoria della prefettura che può richiedere diverse settimane. Le antenne dei sindacati sono drizzate sui potenziali furbetti, così come sul rispetto delle cautele sanitarie in vigore.
“Quando ci si autocertifica in prefettura si può continuare a lavorare in attesa di una risposta – ha concluso Vecchi – Dove vediamo che non ci sono le condizioni di sicurezza, proclamiamo sciopero e permettiamo ai lavoratori di stare a casa”.
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