REGGIO EMILIA – Da zone abituate a vivere con un clima di tensione a livelli altissimi, a zone nevralgiche di un confltto. E’ la condizione dei territori meridionali della Cisgiordania. Da più di vent’anni le colline a sud di Hebron sono interessate da un progetto di solidarietà internazionale. Cosimo Pederzoli è un’operatori di pace reggiano che per diversi mesi ha vissuto in quell’area. Con cadenza annuale partecipa sul posto a iniziative coi locali comitati non violenti. Attivisti che in queste ore gli hanno riferito le condizioni estreme in cui si trovano.
“Sono una quindicina di persone e mi hanno espresso questa preoccupazione. Tutte abitano nella zona a sud della Cisgiordania, quella più a ridosso di Gaza, quindi sono anche quelle persone che attendono gli sviluppi per capire se arriveranno prima i carri armati israeliani, oppure le milizie di Hamas. Abitando in una zona rurale, lavorano e studiano fuori e ora sono bloccati dai check point israeliani, dunque impossibilitati a rientrare, a raggiungere le proprie famiglie”
Pederzoli sottolinea come nessuno dei suoi contatti faccia parte di Hamas o di altre associazioni terroristiche. Fuori discussione è il diritto di Israele all’autodifesa, fermo restando una posizione dell’Occidente, un congelamento del processo di pace e settant’anni di occupazione israeliana che fanno da contesto. “Da anni – dice l’attivista – queste persone, da quando sono nate e prima di loro i loro genitori e nonni, subiscono l’occupazione illegittima israeliana. Gli israeliani, ad esempio, a loro piacimento controllano tutte le infrastrutture”.
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