REGGIO EMILIA – Non sono certo mancate nel passato critiche anche aspre di Confindustria alle amministrazioni locali. Ma quello sferrato giovedì scorso, per i toni scelti e per la solennità dell’occasione, è davvero, come è stato detto, un attacco senza precedenti. Quali sono allora gli elementi di fatto sulla base dei quali la presidente Roberta Anceschi sostiene che Confindustria e l’amministrazione comunale di Reggio non sono mai stati così lontani?
Lei non lo ha spiegato. Ha citato un unico dossier, quello del Polo della Moda alle ex Fiere, senza fornire altri esempi della distanza degli amministratori locali dal mondo delle imprese.
Difficile che la Anceschi abbia tirato in ballo Max Mara all’insaputa della famiglia Maramotti, che all’inizio dell’estate aveva rinunciato al progetto lamentando “un clima di divisione e strumentalizzazione”.
Basta un singolo episodio, per quanto importante, a corroborare un giudizio tanto drastico? L’area di Mancasale è in continua crescita. Nel maggio scorso è stato inaugurato il nuovo stabilimento di Motor Power Company, ma già prima vi si erano insediati Polo Digitale, Fercam e numerose altre aziende. Nei mesi scorsi, nell’ambito del nuovo Piano urbanistico generale, il Consiglio comunale ha approvato 13 manifestazioni di interesse, aprendo la porta all’insediamento di importanti imprese sul territorio e favorendo il settore manifatturiero rispetto al commercio, alla logistica e alla residenza.
Le richieste di ampliamento delle aziende già presenti vengono respinte? No, sei di queste si concretizzeranno già l’anno prossimo, mentre nell’area ex Aia di Masone sorgerà il nuovo stabilimento Ferrarini che sostituirà quello di Rivaltella.
Se il punto non è questo, qual è? In aprile Confindustria ha stigmatizzato il voto di quei Consigli comunali, come quello di Reggio, che hanno auspicato il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Anche il presidente di Max Mara Luigi Maramotti non ha gradito – e lo ha detto – che nella seduta del 23 giugno che ha approvato all’unanimità il progetto di Polo della Moda, alcuni consiglieri avessero espresso riserve e critiche sulle relazioni industriali interne al gruppo. E’ questo il nodo? Magari no o forse sì. Ma se gli organismi elettivi non discutono anche dei modelli d’impresa e delle condizioni di lavoro delle persone, cosa resta della politica?
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