CAVRIAGO (Reggio Emilia) – E’ stato prelevato nella sua casa di Cavriago per essere trasferito in carcere, dove dovrà scontare una condanna a 6 anni e 8 mesi di reclusione per estorsione nell’ambito del processo Aemilia.
Condanna che l’appello aveva ridotto rispetto ai 7 anni e 6 mesi del primo grado, perché era caduta l’aggravante del metodo mafioso. Ora, la Cassazione, che ha confermato 70 condanne nel maxi processo alla ‘ndrangheta, ha sentenziato che Alfonso Mendicino, 47 anni artigiano originario di Cutro, dovrà andare in galera. Dalla caserma dei carabinieri del paese della Val d’Enza, Mendicino ha telefonato al suo avvocato, Mattia Fontanesi. Il legale lo racconta sereno in queste giornate e consapevole di dover entrare in cella.
Negli ultimi anni, Mendicino si era fatto conoscere per atteggiamenti controversi e molto violenti. Come quando nel 2021, davanti a un bar in via Dalmazia a Reggio Emilia, aveva sferrato un pugno in pieno volto a un uomo facendolo rovinare a terra. Non contento, lo aveva trascinato in mezzo alla strada per poi gettarlo nel Crostolo. Nessuno era intervenuto, qualcuno però aveva ripreso la scena col cellulare e il video era presto diventato virale. Si sentiva Mendicino che, in calabrese, urlava alla vittima: “Di chi dovrei aver paura?”. Per questo episodio, non è mai stato denunciato.
Su Facebook, con il profilo Leone Mendi, aveva poi offeso i reggiani ricordando che, senza i cutresi, non avrebbero nemmeno avuto i bagni in casa. L’anno scorso era stato condannato per le minacce al consigliere regionale della Lega Gabriele Delmonte, che aveva dovuto risarcire. Sui social se l’era presa anche con i giornalisti di Telereggio per i servizi contro la ‘ndrangheta.
Una vita passata a destreggiarsi tra una condanna e l’altra: senza patente perché revocata, girava con quella del cugino come avevano accertato i carabinieri di Correggio. Arrestato nell’ambito di un’operazione antidroga a Pieve, era finito in manette anche per una rapina all’Esselunga di Reggio Emilia nel 2013. Ora, per qualche anno resterà dietro le sbarre.
“La sentenza della Cassazione stabilisce la chiusura di una importante fase processuale, ma è al contempo un’ulteriore occasione di stimolo per rinnovare l’impegno di istituzioni, cittadini, magistratura, forze dell’ordine e dell’intera comunità nel continuare a contrastare la criminalità organizzata in tutte le sue forme”. Lo dicono, in una nota, il presidente della Provincia Giorgio Zanni, e i sindaci dei comuni che si sono costituiti parte civile nel processo Aemilia: Andrea Carletti di Bibbiano, Elena Benassi di Brescello, Renzo Bergamini di Gualtieri, Fausto Torelli di Montecchio e Roberto Angeli di Reggiolo. I primi cittadini ringraziano “magistratura e forze dell’ordine per il lavoro svolto” a seguito dell’ultima sentenza che ha confermato l’impianto accusatorio e le condanne decise dalla Corte d’Appello. “Le istituzioni continueranno a essere unite e in prima linea nella quotidiana lotta a mafie, atteggiamenti mafiosi e illegalità, consapevoli che questo capitolo non rappresenta una conclusione, ma l’ennesima tappa di un quotidiano lavoro che deve continuare a coinvolgere l’intera nostra comunità”.
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