REGGIO EMILIA – La Società Agricola Ferrarini ha presentato domanda di concordato nell’ottobre 2018. Da due anni e mezzo sull’attività dell’azienda vigilia per conto del tribunale il commissario giudiziale Federico Spattini.
Il nuovo piano concordatario non si discosta molto da quello precedente e prevede la prosecuzione dell’attività di allevamento di bovine frisone e jersey per la produzione di latte destinato al Parmigiano Reggiano. I dipendenti sono una settantina. Si punta a una produzione annua in grado di generare ricavi per 15-16 milioni di euro. Sarà invece gradualmente abbandonata la produzione di aceto balsamico.
L’eredità del passato è rappresentata da un passivo che, stando ai documenti depositati in tribunale, è compreso tra un minimo di 200 e un massimo di 236 milioni di euro, a seconda di alcune variabili. Il piano curato dai consulenti legali della famiglia, Sido Bonfatti e Sabrina Dazzi, prevede il rimborso di 43 milioni di debiti nei sei anni successivi all’omologazione del concordato.
Da dove arriveranno le risorse? Nel 2019 la Società Agricola Ferrarini ha registrato un margine operativo lordo di 3 milioni. La liquidità che l’azienda potrà generare tra il 2021 e il 2030 è stimata in 24 milioni di euro. Una società della famiglia Ferrarini, Saim, metterà a disposizione fino a 8 milioni. Altri 14 milioni si spera di incassarli dalla vendita di alcuni immobili considerati non più strategici: tra questi, la piattaforma logistica di via della Repubblica, l’acetaia di Albinea e la villa di Rivaltella che la proprietaria, la vedova di Lauro Ferrarini, ha messo a disposizione della procedura ma su cui pesa l’incognita del pignoramento da parte di Unicredit.
Cosa prevede il piano per i creditori senza privilegio o ipoteche? I fornitori riceveranno il 15% in tre rate tra il quarto e il sesto anno successivo all’omologazione. Altri creditori chirografari dovranno accontentarsi del 5%, sempre in tre rate.
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