REGGIO EMILIA – La sentenza è giunta a distanza di quasi undici mesi dall’arresto di Carmine De Lucia, 55 anni, con un passato in Sala del Tricolore e oggi maestro in una scuola primaria in città.
Al centro dell’inchiesta che lo aveva coinvolto, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, un giro di mazzette nell’assegnazione di loculi cimiteriali nel camposanto di Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta. Sedici i loculi che De Lucia aveva acquistato per rimetterne in vendita una parte. Il suo arresto risale al 12 gennaio scorso, quando fu portato in carcere, per uscirne 22 giorni dopo.
Nei suoi confronti la procura antimafia aveva chiesto una condanna a 6 anni per corruzione, con le aggravanti del metodo mafioso e dell’avere compiuto illeciti nell’ambito della pubblica amministrazione. Aggravanti che non sono state riconosciuti dal tribunale di Napoli. Nella sentenza, giunta con rito abbreviato, il giudice Federica De Bellis ha accolto la richiesta della difesa di De Lucia, riguardante la rimodulazione del reato in “induzione indebita a dare o promettere utilità”. In questo modo, è caduta anche la pena accessoria, domandata dal pm, dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Significa che potrà continuare nel proprio ruolo di maestro.
L’ex consigliere comunale del Pd era accusato in concorso con due persone: Domenico Nuzzo, ritenuto contiguo al clan camorristico dei Massaro, condannato sempre ieri a 9 anni per estorsione con aggravante mafiosa, e Giuseppe Pascarella, custode del cimitero, il quale verrà giudicato con rito ordinario. E’ lui il pubblico ufficiale al quale De Lucia aveva fornito somme di denaro per poter assegnare a terzi i loculi che aveva ottenuto, procedura quest’ultima consentita dalla legge.
Al giudice De Lucia ha riferito di essersi sentito minacciato e costretto a pagare e di non aver sporto denuncia ai carabinieri in quanto intimorito di fronte a persone collegate a contesti mafiosi. Soddisfatto per il verdetto il suo avvocato Ernesto D’Andrea, che ricorrerà in appello per chiedere l’assoluzione.
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