REGGIO EMILIA – Non sono irrilevanti le parole pronunciate domenica sera a Villalunga di Casalgrande da Federico Cafiero De Raho nel corso di un faccia a faccia con Debora Serracchiani. Magistrato in pensione, nel settembre dell’anno scorso Cafiero De Raho è stato eletto deputato nelle liste del M5S. Tra il 2017 e l’inizio del 2022 Cafiero De Raho è stato a capo della Procura nazionale antimafia. Domenica sera, rispondendo a una domanda del direttore di Telereggio Mattia Mariani, l’ex magistrato ha respinto la tesi di coloro che sostengono che gli inquirenti che condussero l’indagine Aemilia guardarono da una parte sola, il centrodestra, e chiusero gli occhi sugli elementi che portavano al centrosinistra. “E’ questione alla quale ha risposto l’allora Procuratore della Repubblica di Bologna, il quale ha affermato che non c’è mai stata nessuna diversità nel procedere – ha detto -. Si è sempre sviluppata un’indagine a 360 gradi“.
Le cose dette da Cafiero De Raho contrastano con quelle affermate più volte – e ancora all’inizio di quest’anno – da importanti esponenti locali del M5S, che hanno sostenuto che i magistrati della Dda di Bologna non hanno voluto indagare sui rapporti tra la cosca Grande Aracri e gli amministratori reggiani.
Chi ha ragione? Stando alle sentenze passate in giudicato, ha ragione Cafiero De Raho. Dal 2013 al 2017 l’ex magistrato campano è stato procuratore capo a Reggio Calabria, combattendo la ‘ndrangheta su un fronte impegnativo. Poi ha guidato la Procura nazionale antimafia negli anni in cui i processi Aemilia e Grimilde approdavano alle sentenze. Oggi, da parlamentare 5 Stelle e vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, sull’indagine Aemilia dice le stesse cose di Franco Roberti, suo predecessore alla Procura nazionale antimafia, eletto parlamentare europeo nelle liste del Pd.
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