REGGIO EMILIA – Cesare Campioli, morto il 25 gennaio 1971, ha amministrato la città come sindaco comunista per ben 17 anni, fra il 1945 e il 1962.
Anni difficili, in un paese appena uscito da una guerra devastante. Di quest’opera di ricostruzione si possono ricordare il risanamento dei quartieri più degradati della città come Borgo Emilio e via Francotetto; il varo di Agac, azienda municipalizzata gas-acqua; la costruzione della sede dell’ospedale Santa Maria Nuova; l’assistenza agli strati più poveri della popolazione, in un periodo di forti lotte sociali contro i licenziamenti alle Officine Reggiane.
Intanto, parti del centro cittadino cambiavano volto con interventi anche discussi, come il progetto modernista dell’architetto Luigi Vietti di Milano che portò all’abbattimento degli antichi portici della Trinità sostituiti dall’isolato San Rocco. Agli impegni di amministratore aggiunse, nel 1952, la fondazione – assieme al fratello Emore – della Omso che costruisce tutt’oggi macchine per la stampa su oggetti.
Operaio, figlio di una famiglia contadina di Cavazzoli, apprendista alle Reggiane, emigrato a Milano ed esule in Francia per sfuggire alle persecuzioni fasciste, rientrato in Italia nel 1943 per partecipare come dirigente alla lotta antifascista, era scampato a rastrellamenti e a una possibile fucilazione durante un arresto. Per ben quattro volte è stato riconfermato nella carica di sindaco. L’ennesimo atto coraggioso il 7 luglio 1960, quando di fronte all’eccidio di manifestanti da parte della polizia, vestì la fascia tricolore di sindaco e si precipitò in piazza per far fermare la sparatoria e fu bersaglio, per fortuna mancato, di alcuni colpi. Il giorno dopo era in ospedale a visitare i feriti e a partecipare, con Palmiro Togliatti e Ferruccio Parri, ai funerali delle cinque vittime.
Gian Piero Del Monte
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