REGGIO EMILIA – Il grande cinema è stato protagonista questa mattina a “Finalmente Domenica”, la rassegna della Fondazione I Teatri che ogni domenica porta al Ridotto del Teatro Valli scrittori e artisti.
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Poteva mancare Federico Fellini in una rassegna come Finalmente domenica? No, non poteva, perché il grande regista riminese ha segnato con la sua personalità l’arte e la cultura italiana. A raccontare il maestro nel centenario della sua nascita in un dialogo con Nicola Dusi è stato Oscar Iarussi, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, autore del libro Amarcord Fellini, da poco pubblicato da Il Mulino.
Perché Fellini è così importante? Iarussi risponde così: “Un artista straordinariamente innovativo, che ha lasciato un segno nella seconda metà del Novecento in Italia, che è riuscito a presagire una serie di mutazioni e cambiamenti del Paese. Apparentemente parlando solo di se stesso, con un tono scanzonato e poetico, è stato in realtà un grande antropologo. Forse ancora più acuto di Pasolini”.
Iarussi ha passato in rassegna una sorta di alfabeto felliniano dei sogni, dalla A di Amarcord, appunto, alla V di Vitelloni, dalle E di Ekberg alla G di Giulietta. Romagnolo, Fellini trascorse gran parte della sua vita a Roma. Che rapporto aveva con la sua terra? “Era riminese, ma la relazione non fu mai particolarmente salda. Questa regione ha dato i natali a quattro tra i registi più importanti del Novecento: Fellini, Antonioni, Bellocchi e Bertolucci. Tuttavia non sempre si sono dedicati al luogo”.
Nel Ridotto del Valli è stata allestita una piccola mostra per ricordare un altro grande protagonista della cultura italiana, Romolo Valli, l’attore reggiano morto il 1° febbraio di 40 anni fa.
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