REGGIO EMILIA – Uno dei film più acclamati in questi giorni al 79° Festival di Venezia, “Il Signore delle Formiche”, arriva al cinema Olimpia di Reggio dove sarà presentato, venerdì 9 settembre alle 20,30 dal regista Gianni Amelio e dagli interpreti Luigi Lo Cascio ed Elio Germano. Il genio di Amelio rievoca il processo per plagio che fece scalpore negli anni ’60, passato alla storia come “Caso Braibanti”.
Il film
Il film, in programma all’Olimpia (via Tassoni 4) da giovedì 8 settembre, racconta la storia di Aldo Braibanti, drammaturgo e poeta condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico, perché “guarisse” da quell’influsso “diabolico”. Una “cura” dalla quale il ragazzo non si riprese mai più.

Nel 1968, mentre nel mondo esplodeva la contestazione e si lottava per libertà individuale e nuovi diritti, in Italia aveva luogo una vicenda processuale che, sotto le mentite spoglie del reato di plagio, fu di fatto un processo all’omosessualità.
Alcuni anni dopo, il reato di plagio venne cancellato dal codice penale, noto anche come codice Rocco dal nome del suo principale estensore, il guardasigilli del governo Mussolini Alfredo Rocco. Il testo, pur avendo subito molte e profonde modifiche, è ancora in vigore. Ma, all’epoca, servì per mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i fuorilegge della norma.
È un doloroso capitolo della storia italiana, quello che Gianni Amelio racconta nel suo film, quarto dei cinque titoli italiani in concorso a Venezia. Scritto dallo stesso Amelio con Edoardo Petti e Federico Fava, il film è stato girato in buona parte tra il parmense e il piacentino – territori in cui Braibanti è nato e cresciuto.

Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film racconta una storia a più voci, dove, accanto all’imputato, prendono corpo i familiari e gli amici, gli accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.












