REGGIO EMILIA – I chiodi sparsi sulle strade del Rally dell’Appennino Reggiano potevano avere conseguenze ben peggiori rispetto alle forature che hanno condizionato la prova di diversi equipaggi. “Un vero atto criminale” hanno detto ieri gli organizzatori; di sicuro, una vicenda che riporta la corsa al centro della cronaca dopo la tragedia del 28 agosto 2021 quando un’auto uscita di strada a Riverzana di Canossa travolse e uccise il 21enne reggiano Davide Rabotti e Cristian Poggioli, modenese di 35 anni.
Da allora, la prefettura ha imposto agli organizzatori che non ci sia pubblico a bordo strada, decisione che un anno fa fece discutere ma che è stata confermata anche quest’anno. Tensioni, tra favorevoli e contrari alla manifestazione, che potrebbero aver ispirato anche il grave episodio di domenica scorsa con i chiodi sparsi sulla carreggiata.
Mentre le indagini dei carabinieri di Castelnovo Monti sono ancora in corso, è questo il timore del prefetto Maria Rita Cocciufa: “Forse a qualcuno la mia decisione non è andata a genio. Non potevo cancellare l’evento, perché c’è da moltissimo tempo e per la montagna reggiana ha un significato importante. Quest’anno sono stati approntati una serie di sistemi di sicurezza dagli organizzatori che mi hanno tranquillizzata. Evidentemente, a qualcuno non è andato bene questo format, ma non avremmo mai potuto consentire che ci fossero spettatori sul ciglio delle strade”.
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