MODENA – Caterina Liotti, la storia e le donne: sei socia fondatrice dell’associazione culturale Centro documentazione donna di Modena. Raccontaci come è stato che, dopo la laurea in storia medievale, ti sei appassionata alla storia delle donne?
“Già durante il corso di laurea in storia medievale avevo incontrato la storia delle donne con Idee sulla donna nel Medioevo, un testo della mia docente la professoressa De Matteis, con cui avevo potuto approfondire le teorie filosofiche e gli aspetti giuridici, antropologici e religiosi della condizione femminile basati sul concetto dell’inferiorità della donna legata al suo sesso e sul suo assoggettamento all’uomo. Questioni che in me – giovane studentessa liceale che amava i cortei dell’8 marzo, abbonata a “Quotidiano donna” e figlia di una madre che mi aveva trasmesso quel femminismo diffuso tipico degli anni Ottanta – avevano fatto crescere il desiderio di conoscere e analizzare la storia anche da un punto di vista di genere.
Ma l’incontro decisivo è stato quello, qualche anno dopo, con l’archivio dell’UDI (Unione donne italiane, oggi in Italia) di Modena. Contemporaneamente alla laurea, infatti, mi ero diplomata in Archivistica e paleografia all’Archivio di Stato di Modena e avevo fondato con un gruppo di coetanei la cooperativa Multiversum per poter realizzare attività culturali e riordini di archivi. Tramite la cooperativa, insieme ad altre colleghe, ricevo l’incarico di riordinare l’archivio dell’UDI ed è proprio l’incontro con quelle carte, quelle fotografie che nasce la mia passione per la storia delle donne, intesa come svelamento del protagonismo femminile e dei movimenti delle donne.
Da allora, ho approfondito e pubblicato una quindicina di studi e diversi saggi, usciti per lo più nella collana “Storie Differenti” del Centro documentazione donna con editori locali e nazionali, sulla storia politica delle donne dell’Emilia-Romagna, occupandomi in particolare delle associazioni e dei movimenti delle donne (UDI e Gruppi di difesa della donna della Resistenza), del cosiddetto ‘modello emiliano’ e di biografie femminili rivoluzionarie, come ad esempio quella di Bice Ligabue (segretaria del Partito comunista a Modena nel 1922) o quella Gina Borellini (Medaglia d’oro al valor militare e parlamentare dal 1948 al 1963)”.
Torniamo al Centro documentazione donna di Modena e alla sua storia che va raccontata, alla sua radice nei movimenti femministi della città. Secondo te perché a Modena è stato possibile realizzare ciò che è mancato e manca a Reggio Emilia, ossia un luogo di valorizzazione della cultura di genere?
“Per Modena non possiamo certo dire che il Centro documentazione donna abbia una radice nei movimenti femministi della città nel senso proprio del termine, piuttosto come dicevo prima la sua radice sta nell’UDI. L’associazione, negli anni in cui nasceva il Centro documentazione donna, usciva da circa 15 anni di profonde trasformazioni determinate dall’XI Congresso del 1982, che aveva cancellato la struttura verticistica e le funzionarie per affidare il lavoro politico alle singole attiviste e a gruppi di lavoro. Proprio in quel Congresso l’UDI decide di promuovere nelle singole città i “Gruppi Archivio” per mettere al sicuro la propria memoria. Questo avviene, grazie a una intuizione della modenese Rosanna Galli, accolta nella Carta degli Intenti approvata dall’Assemblea autoconvocata nel febbraio 1983.
Ma a Modena, hai ragione avviene una cosa unica nel panorama nazionale, e cioè – dopo il nostro lavoro di riordino e inventariazione dell’archivio – l’UDI nel 1996 promuove la nascita dal proprio “Gruppo Archivio” di una Associazione culturale autonoma, che manterrà il nome “Centro documentazione donna” (già usato dal 1988) che presiederò fino al 2009 quando mi dimetto per gli incarichi istituzionali assunti.
A mio avviso è soprattutto grazie a tale scelta che a Modena si può avviare un pezzo di storia completamente diversa da quella di Reggio Emilia e far nascere un luogo di valorizzazione della cultura di genere dedicato alla conservazione e valorizzazione degli archivi delle donne (attualmente ne conserviamo 38 di associazioni femminili e di singole donne).
E’ la ‘coraggiosa’ consegna della loro eredità a delle giovani studiose, storiche e archiviste come noi che permette l’evoluzione successiva.
E’ stato anche importante il rapporto con le istituzioni caratterizzato fin dall’inizio, anche se non senza qualche conflittualità, dal riconoscimento dell’Istituto culturale Centro documentazione donna, quale luogo necessario per la valorizzazione del protagonismo femminile nella storia della città, rimasto fino a quel momento completamente assente dalle proposte culturali. Come pure fondamentale la relazione costruttiva con le altre realtà culturali della città e gli enti preposti al coordinamento delle biblioteche e alla valorizzazione degli archivi storici, anche attraverso il superamento di un certo ‘separatismo culturale’ tipico dei luoghi delle donne di quegli anni”.
Ti spendi da sempre per la parità tra uomo e donna; credi che questo tuo schierarti senza tentennamenti dalla parte delle donne ti abbia in qualche modo penalizzato?
“Non riesco a risponderti in modo univoco. Non sento di essere stata penalizzata nelle soddisfazioni personali in relazione all’avanzamento dell’attenzione della società e della politica sui temi legati all’affermazione della libertà delle donne e ai traguardi che, insieme a tante, abbiamo raggiunto soprattutto nella nostra regione, perché a muovermi è sempre stata la passione.
Sicuramente, in alcune occasioni, questa mia determinatezza è stata valorizzata, penso a quando sono stata eletta Presidente del Consiglio comunale di Modena o a quando mi è stata assegnata la delega alle Pari opportunità in Provincia. Certo, in altre questo è stato considerato un ‘limite’ quasi che occuparsi di donne non sia occuparsi di più di metà della popolazione. Ma le cose stanno cambiando, seppur lentamente, grazie alle molte che non temono l’etichetta di femminista. Dovremmo essere tutte e tutti femministi, donne e uomini, insieme per contrastare le violenze e le discriminazioni basate sul sesso ancora troppo diffuse”.
Pochi giorni fa sei stata coprotagonista di un bell’incontro: ”Narrazioni generazionali – le scritture delle donne nella trasmissione della storia”. Si è trattato di una conversazione a partire dal romanzo di Rosangela Pesenti dal titolo “Come sono diventata femminista”. Quindi le donne hanno fatto e fanno la storia?
“Certo le donne hanno fatto e fanno la storia, solo che la storiografia tradizionale non le vede. Il mondo delle donne resta un mondo di silenzio se si applica un’ottica tradizionale, ma se si cambia prospettiva è possibile rivoltare tale affermazione fino ad affermare, come fa Arlette Farge nella sua introduzione alla Storia delle donne dal rinascimento all’età moderna: “Dovunque si guardi, lei è là, presente, infinitamente presente”. Ma per vederle bisogna fare le domande giuste alle fonti e soprattutto non pensare alla storia come esclusivamente dedita a ricostruire i grandi eventi politici, da cui a lungo le donne sono rimaste escluse.
Sull’assenza di una memoria storica delle lotte delle donne e sul movimento carsico che cancella le generazioni femminili del passato privando le giovani della loro eredità in termini di consapevolezza e radici abbiamo riflettuto nell’iniziativa che ricordavi. La registrazione è visibile sulla pagina FB del Centro documentazione donna. Sono fermamente convinta che anche su questo tema si siano fatti molti passi in avanti in questi vent’anni, ma ancora non quello decisivo: insegnare a scuola una storia attenta alle differenze di genere”.
Il post pandemia ci ha restituito la centralità della cura, in tutte le sue accezioni dal sanitario al sociale al relazionale. Il Centro Documentazione Donna di Modena si è sempre impegnato su questo tema, evidentemente cogliendone la centralità anche per conseguire parità di opportunità tra donne e uomini nel lavoro e nella vita sociale. So che avete una azione specifica in corso; ce ne parli?
“Sì, il tema della ‘cura’ mi sta particolarmente a cuore, voglio ricordare un primo corso di formazione politica realizzato direi nel 2000 che avevamo proprio intitolato “Governare con cura” proprio con l’intento di considerare la cura sia della vita collettiva che quella dei singoli e delle famiglie quale responsabilità di tutti, da valorizzare e da non relegare alla sfera privata e alle donne. Da allora questo tema, che spesso abbiamo declinato come politiche per la conciliazione e la condivisione del lavoro di cura, è stato al centro delle nostre attività, consapevoli che è l’enorme carico di lavoro non pagato femminile a creare i pregiudizi e gli stereotipi che alimentano le discriminazioni nel mercato del lavoro (segregazione orizzontale e verticale, soffitto di cristallo, gap salariale, licenziamenti, ecc.).
Il progetto di cui mi chiedi, si chiama “ConciliaMO. Ricerca/azione per promuovere la conciliazione, il benessere e l’empowerment femminile nel mondo del lavoro” è stato finanziato dalla Regione Emilia-Romagna ed ha promosso anche in questi giorni alcune iniziative sulla condivisone delle responsabilità famigliari e di cura tra madri e padri per promuovere il superamento degli attuali stereotipi sui ruoli genitoriali. Per comunicare questi messaggi abbiamo lavorato con linguaggi diversi, dal fumetto nella guida Alla ricerca del tempo perduto, alle testimonianze nel video-documentario Maternità (dis)incantate, disponibili sul nostro sito www.cddonna.it
In particolare il collegamento tra pandemia e cura è evidente nel video-documento, realizzato proprio all’indomani del primo lockdown, dove risulta evidente quanto nelle situazioni emergenziali siano sempre le donne a farsi carico della cura materiale e immateriale della vita umana, pagandone un prezzo altissimo in termini di perdita del lavoro e/o di acrobazie quotidiane.
E’ sulla maggior condivisione di tale carico di lavoro non pagato che occorre continuare a lavorare per raggiungere una parità effettiva e per riequilibrare i rapporti di potere tra donne e uomini nella nostra società”.
Natalia Maramotti
Chi è Caterina Liotti
Caterina Liotti, storica e archivista del Centro documentazione donna di Modena – Istituto culturale di ricerca dell’omonima Associazione (Cdd) di cui è stata nel 1996 socia fondatrici e presidente fino al 2009.
E’ stata consigliera provinciale di Modena dal 1999 al 2009. Consigliera comunale a Modena dal 2009 al 2019; Presidente del Consiglio comunale di Modena (2009 al 2014). Delegata alle pari opportunità della Provincia di Modena dal 2017 al 2019.
Ha pubblicato tra gli altri: Volevamo cambiare il mondo. Storie e memorie delle donne dell’Udi in Emilia Romagna (co-autrice), Carocci, Roma, 2002; A guardare le nuvole. Partigiane modenesi tra memoria e narrazione (co-autrice), Carocci, Roma, 2004; Finalmente eravamo… libere! Donne, Resistenze, cittadinanze (co-autrice), Cdd, Modena, 2005; Un paltò per l’Onorevole. Gina Borellini Medaglia d’oro della Resistenza, (co-autrice), Cdd, Modena, 2009; #Cittadine! alla conquista del voto. Uno spettacolo di danza per raccontare il suffragismo italiano, (co-curatrice), Homeless Book, Faenza, 2017; Pane Pace e Libertà. I gruppi di difesa della donna nella Resistenza Modenese (co-autrice), Cdd, Modena, 2018; Differenza Emilia. Teoria e pratiche politiche delle donne nella costruzione del “modello emiliano”, BraDypUS, Roma, 2019