REGGIO EMILIA – Critiche all’organizzazione del lavoro, allo stile di direzione – considerato troppo accentratore – e anche all’approccio stesso al lavoro. Ci sarebbe questo nell’esposto che quattro sostituti procuratori hanno presentato al Consiglio superiore della magistratura contro il procuratore capo Marco Mescolini.
Quattro su nove: la procura di Reggio è spaccata a metà. E sembra che queste critiche abbiano pesato più dello scambio di messaggi con Palamara nell’apertura, da parte della prima commissione del Csm, di un procedimento che potrebbe sfociare nel trasferimento di Mescolini per incompatibilità ambientale. L’esito naturalmente è tutt’altro che scontato e l’ultima parola spetta al Plenum. I firmatari dell’esposto sono già stati ascoltati; nei prossimi giorni toccherà al procuratore capo, che per ora preferisce non commentare in alcun modo.
La mossa dei quattro sostituti procuratori è avvenuta dopo la pubblicazione delle chat tra Mescolini e Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, poi indagato dalla procura di Perugia e radiato una decina di giorni fa dall’ordine giudiziario con l’accusa di aver tentato di condizionare le nomine ai vertici delle procure.
I messaggi tra Mescolini e Palamara risalgono al periodo febbraio-luglio 2018. All’epoca il procuratore capo lavorava nell’ufficio della Direzione distrettuale antimafia di Bologna: in quel ruolo, assieme alla collega Beatrice Ronchi, ha istruito il maxi processo Aemilia. Mescolini e il magistrato Alfonso D’Avino, dopo una prima selezione e un approfondito confronto, erano gli unici rimasti in lizza per ricoprire il ruolo di procuratore capo a Reggio, ma c’erano ritardi sulla nomina. Nei messaggi, Mescolini chiedeva a Palamara la ragione di quei ritardi e lo sollecitava ad adoperarsi per sbloccare l’iter, Palamara lo rassicurava. Il 4 luglio 2018 la svolta: D’Avino viene nominato procuratore a Parma con 12 voti, Mescolini a Reggio con 17.
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