REGGIO EMILIA – Negozi che abbassano per sempre le serrande e artigianato sempre più in difficoltà, due emergenze economiche con cui il nostro territorio sta facendo i conti negli ultimi anni.
Tra i fattori meno approfonditi, c’è il caro bollette che, invece, dal 2021 sta mettendo in ginocchio le microimprese che, a livello nazionale, sono il 95% del totale e occupano il 42% degli addetti. Secondo uno studio di Cgia Mestre nei primi sei mesi dell’anno scorso, ultimi dati confrontabili disponibili, artigiani, piccoli commercianti e piccolissime imprese con consumi inferiori ai 20 MegaWatt/ora all’anno hanno pagato l’energia elettrica due volte e mezzo in più delle grandi imprese, per l’esattezza il 164,7%.
A questo si deve aggiungere che spesso si tratta di imprese a conduzione familiare, con l’imprenditore che paga gli aumenti energetici due volte sul lavoro e a domicilio e che l’Italia è il Paese dell’Eurozona dove gas ed elettricità costano di più. Il decreto energia del Governo ha stanziato 3 miliardi, equamente divisi tra famiglie e imprese, per contenere gli aumenti e aiutare le fasce più basse della popolazione ma il problema delle microimprese è molto più specifico e forse decisivo per salvare il piccolo commercio e l’artigianato.
A penalizzare le microimprese è stata la cosiddetta riforma degli energivori del 2018 che ha previsto un costo agevolato per le grandi industrie, a beneficiarne nel reggiano sono state le ceramiche, ridistribuendone il carico a tutte le altre categorie. Se i prezzi calano, la situazione è sostenibile, ma quando aumentano, i piccoli pagano il grosso della torta con sempre più botteghe, officine e negozi chiusi. Situazione seria che colpisce Reggio, ma è comune a tutto il Paese, in particolare al Sud. In Italia la povertà energetica colpisce oltre 5 milioni di persone, quasi 314mila in Emilia Romagna, il 7,1% del totale.
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