SAN MARTINO IN RIO (Reggio Emilia) – Controbilanciare i maggiori costi energetici sostenuti per erogare i servizi di competenza comunale grazie ai più alti incassi derivati dalla produzione stessa di energia. Aveva in mente di farlo il Comune di San Martino in Rio, proprietario di uno dei parchi fotovoltaici pubblici più grandi dell’Emilia-Romagna. Si trova ai confini con Rubiera, nella frazione di Gazzata, sorge su una superficie ampia 40mila metri quadrati un tempo occupati da un cantiere della linea Tav. Ottomila pannelli che in questi mesi sono diventati la classica gallina dalle uova d’oro. Lo scorso luglio, ad esempio, hanno generato un introito pari a 109mila euro. Più del quadruplo rispetto allo stesso mese di un anno fa. Di tale cifra però, nelle casse dell’amministrazione, rimarranno soltanto 14mila euro, cioè l’87% in meno. E’ l’effetto della cura dimagrante imposta della legge sugli extra-profitti. Voluta dal governo per accantonare risorse necessarie a contrastare la crisi energetica, non fa differenza tra multinazionali e piccole realtà. La sforbiciata riguarda tutti gli impianti con potenza superiore a 20 kW. Al prezzo di vendita dell’energia immessa in rete è stato fissato il tetto di 58 euro per megavattora. E questo vale per il periodo a partire dallo scorso febbraio.
L’amministrazione sammartinese ha così stimato di dover restituire complessivamente come conguaglio tra il 70 e l’80 per cento di quanto le sarebbe spettato con gli importi dettati dal mercato. Quella famosa impennata dei prezzi che, senza la nuova tassazione, avrebbe fruttato risorse sfruttabili a beneficio della comunità, destinabili anche all’ammodernamento dell’impianto stesso, che a dicembre compie dieci anni e che potrebbe diventare molto più performante se dotato di tecnologie più aggiornate. L’auspicio è che si intervenga con un emendamento che eviti il salasso agli enti locali che hanno puntato sulle rinnovabili.
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