REGGIO EMILIA – Ha aperto l’album dei ricordi, sabato pomeriggio, Beppe Carletti, leader e fondatore dei Nomadi, in un incontro allo Spazio Gerra, dov’è in corso la mostra su Augusto Daolio.
Cantagiro 1967. I Nomadi, poco più che ventenni, cantano e suonano dal vivo quello che diventerà uno dei brani più ascoltati e discussi della musica italiana: “Dio è morto”. Un testo, scritto da Francesco Guccini nel 1965, che all’inizio fu ritenuto blasfemo e censurato. “Quando l’abbiamo fatta ascoltare alla casa discografica ci dissero che l’avrebbero censurata e così è stato. Non è andata per radio, ma nei jukebox c’era”.
E’ uno degli aneddoti che Beppe Carletti ha raccontato al pubblico dello Spazio Gerra. In una chiacchierata con Pietro Germano Casarini, fondatore del primo Nomadi fan club, Carletti ha ripercorso sei decenni di musica e amicizia, momenti felici e fasi complicate come quella della morte di Augusto, “compagno di palco e di vita”: “Mi regalò un quadro importantissimo, che nessuno ha mai visto e che io non farò mai vedere a nessuno”.
Durante la chiacchierata sono stati mostrati spezzoni di video, anche inediti, come quello della partecipazione della band a Carosello nel 1968. La mostra, dedicata alla grande creatività di Augusto Daolio, resterà aperta allo Spazio Gerra fino all’8 gennaio.
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