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REGGIO EMILIA – La caratteristica del vino italiano è il suo radicamento nel territorio che si esprime attraverso le cantine vinicole sparse sul territorio nazionale. Queste rappresentano a loro volta tanti piccoli produttori o famiglie di viticoltori che producono da decenni o addirittura secoli vini locali, ma che hanno via via assunto una dimensione sempre più globale frutto di una conquista non degli ultimi decenni ma piuttosto di un processo ben più lungo. Il processo ha fatto sì che le migliori cantine italiane trovassero una loro collocazione nel mercato internazionale dei vini. Nel grande mercato globale, però, la dimensione locale deve essere accompagnata e sostenuta da una dimensione ampia: così, società come il Gruppo Italiano Vini (GIV) e Le Tenute di Genagricola, hanno costituito un ampio consorzio di cantine dislocate su tutto il territorio nazionale. Due cantine dei rispettivi gruppi le ritroviamo proprio in Emilia-Romagna: le Cantine Cavicchioli e la Tenuta Gregorina, i cui vini hanno scavalcato i confini nazionali e appartengono ora al grande mercato del vino e dell’economia finanziaria, dove sempre più società quotate in Borsa investono nel settore per diversificare e aumentare il loro rating con prodotti di qualità legati all’economia reale.
Tenuta Gregorina, il vino “quotato” in Borsa
Uno di questi casi è la già menzionata Tenuta Gregorina, parte di Genagricola S.p.A. che a sua volta ricade sotto Assicurazioni Generali S.p.A., quest’ultima quotata presso Borsa Italiana a Milano. Come mai una società del settore assicurativo gestisce un insieme di cantine vinicole? Ebbene, secondo un’analisi di Borsa Italiana, anche altre società quotate in Borsa guardano con interesse ai prodotti d’eccellenza dell’agroalimentare italiano, perché il settore rappresenta un “buon affare” il cui valore è aumentato del 720% dal 2001 a oggi. Si comprende, quindi, come la diversificazione del capitale operata dalle società quotate in Borsa acquistando società vinicole arricchisce il portafoglio e stimola gli investitori alla partecipazione attirati da nuovi guadagni. La diversificazione nel Food di qualità è o uno stimolo anche per gli speculatori che operano attraverso i contratti per differenza. Per chi non conoscesse cosa sono i CFD, sono strumenti utili in quanto replicano l’andamento dei prezzi di un titolo azionario, obbligazionario o di una materia prima, ma permettono di speculare sul prezzo del prodotto “sottostante” senza comportare l’acquisto dello stesso: in questo settore quindi i trader possono trarre profitto dall’aumento del valore di azioni e aziende senza diventarne azionisti veri e propri.

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Il Brunello a Piazza Affari
Se i gruppi bancari puntano sul Made in Italy d’eccellenza per migliorare il loro rating, il comparto del Food volge il proprio sguardo alla borsa per fortificarsi ulteriormente. Riccardo Illy, presidente del Gruppo Illy, ad esempio, nel recente passato ha manifestato la sua intenzione di portare il Brunello a Piazza Affari, come racconta Borsa Italiana, attraverso un polo del gusto che dovrebbe comprendere tutta una serie di imprese operanti nel settore agroalimentare italiano di qualità. Nelle intenzioni di Illy il polo del gusto dovrebbe costituire una società quotata indipendente, in cui far confluire l’Azienda Agricola Mastrojanni di Montalcino (Siena), Agrimontana, Fgel e altre società controllate.
22 società vinicole quotate in Borsa, di cui due a Milano
Esistono nel mondo anche 22 società prettamente vinicole quotate in varie borse e di queste, due sono nei listini della Borsa di Milano: Masi Agricola S.p.A. e Italian Wine Brands (IWB). I numeri delle due società dicono tutto sulla capacità di esportazione dei vini delle grandi aziende vinicole e sul perché grandi imprese e investitori desiderano inserirle nei propri portfogli: Masi esporta all’estero l’84% della sua produzione, mentre IWB esporta all’estero il 78% dei vini prodotti in Italia, con una ricaduta più che positiva sui fatturati.
(informazione a cura di Kaiti expansion)
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