REGGIO EMILIA – La nostra provincia è prima per numero di imprese, per flusso annuo di proventi e per patrimonio; Parma al vertice per immobilizzazioni finanziarie, Piacenza dotata di disponibilità liquide di tutto rispetto: le tre Camere di Commercio dalla cui fusione nascerà la Camera di Commercio dell’Emilia hanno dimensioni e anche caratteristiche diverse. Forse, queste differenze hanno un peso nelle difficoltà che il processo di unificazione ha incontrato e continua a incontrare.
Se mettiamo a confronto i tre enti, vediamo che Reggio Emilia primeggia sotto quasi tutti i punti di vista. Nel 2021 le imprese registrate erano 66mila, rispetto alle 56mila di Parma e alle 36mila di Piacenza. Reggio è in testa anche per entità dei proventi correnti annui, con 12,7 milioni di euro. Lo scarto rispetto alle altre Camere di Commercio è ancora più marcato se si guarda il patrimonio netto: 37 milioni per Reggio, rispetto ai 19 di Parma e ai 16 di Piacenza. Il nostro ente camerale ha poi 28 milioni di disponibilità liquide; Parma si ferma a 10, Piacenza sfiora i 15 milioni. La Camera di Commercio di Parma guida solo per le immobilizzazioni finanziarie, grazie al valore di alcune partecipazioni, come il 12% delle Fiere.
Il naufragio dell’apparentamento tra le associazioni economiche delle tre province per la designazione degli organi evidenzia la difficoltà di superare la logica dell’ognuno per sé. Nonostante molte parole sull’importanza delle alleanze territoriali e dell’area vasta, il richiamo del campanile conserva la sua forza ancestrale. Lo si vede in questa vicenda. Lo si vede nell’ambito del trasporto pubblico locale, dove Seta va da Modena a Piacenza, ma Parma fa da sola con Tep. Lo si vede nell’ambito dell’alta velocità ferroviaria, dove – a quasi 10 anni di distanza dall’inaugurazione della stazione Mediopadana – Parma continua a cercare di ottenere i finanziamenti per una propria stazione.
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