REGGIO EMILIA – Dai libri di storia, alla Corte d’Assise del Tribunale di Alessandria per il processo di primo grado. Cinquant’anni dopo. Si è aperto il processo a carico degli ex leader delle BR, Renato Curcio e Mario Moretti e di Lauro Azzolini, reggiano di Casina.
Al centro, la sparatoria del 5 giugno 1975, alla Cascina Spiotta, che costò la vita all’appuntato dei carabinieri, Giovanni D’Alfonso durante il il blitz per la liberazione dell’imprenditore vinicolo Vittorio Gancia, sequestrato il giorno prima. Quel giorno morì anche Mara Cagol, la moglie di Curcio, e due carabinieri restarono gravemente feriti.
Il nuovo procedimento, aperto su istanza del figlio di D’Alfonso, Bruno, a sua volta carabiniere ora in congedo, vuole dare un nome al brigatista che all’epoca riuscì a fuggire e non fu mai identificato. Per gli inquirenti si tratta proprio del reggiano Azzolini, già condannato all’ergastolo e per 24 anni in carcere, per il ruolo avuto nel sequestro Moro e per la gambizzazione del giornalista Indro Montanelli ma prosciolto nel 1987 per i fatti di Cascina Spiotta. Sentenza questa, custodita negli archivi del Tribunale di Alessandria, andata perduta nell’alluvione del 1994.
Questa casuale circostanza, alla luce della nuove prove raccolte, a cominciare dalle impronte di Azzolini nella relazione anonima con cui un militante della Br ricostruì le varie fasi della vicenda come se fosse stato presente sul posto, con tanto di disegno a mano, consente ora di processare nuovamente Azzolini per il medesimo reato.
I famigliari di Giovanni D’Alfonso, ucciso da due colpi di pistola, chiedono di conoscere la verità; i pm Emilio Gatti e Ciro Santoriello ritengono che sia proprio il reggiano, oggi 82enne, ad aver sparato, mentre il suo difensore l’avvocato Davide Steccanella parla di ‘un processo fuori dal tempo’, che però andrà avanti.
La corte ha respinto l’istanza di nullità dei difensori e le prime eccezioni presentate sull’utilizzo delle nuove intercettazioni telefoniche fatte dagli inquirenti. La prossima udienza è stata fissata per l’11 marzo, dalla terza si inizierà ad ascoltare i testimoni.
‘Dei 78 chiamati dall’accusa, due terzi sono già deceduti’, sottolinea l’avvocato reggiano Vainer Burani che difende Renato Curcio. A riprova di una vicenda che ha appena iniziato il suo iter processuale, che durerà anni, quando, invece, conclude Burani ‘dovrebbe solo essere raccontata nei libri di storia’.
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