BRESCELLO (Reggio Emilia) – In Emilia-Romagna sono 644 gli immobili gestiti dallo Stato e 147 quelli già destinati ad altra funzione tra i beni confiscati alle mafie. Nella sola Brescello gli immobili confiscati alla criminalità organizzata risultano 57. L’associazione culturale antimafia Cortocircuito ha organizzato un tour tra le province di Parma e di Reggio tra alcuni di questi possedimenti. Abitazioni, capannoni, attività commerciali, come il Millefiori di Montecchio, grande ristorante con piscina. Una giornata a cui ha partecipato a Brescello anche Lucia Musti, magistrato della Procura generale di Bologna, pubblico ministero del maxi processo Aemilia e del processo Aemilia 1992, che proprio pochi giorni fa in appello si è concluso con quattro condanne all’ergastolo. “Sono molto contenta di essere a Brescello dopo la sentenza del 30 settembre della Corte di Assise d’Appello di Bologna che ha ribaltato una assoluzione che gridava vendetta” ha detto.
Vietato abbassare la guardia sottolinea però il magistrato: “La magistratura e le forze dell’ordine continuano indipendentemente dai successi, come possono essere ritenuti questi quattro ergastoli, continuano a fare in silenzio il proprio lavoro. E se noi continuiamo a lavorare vuole dire che anche gli altri, dall’altra parte, lavorano: lavora il malaffare, lavora la criminalità, lavora la ‘Ndrangheta. Questo a mio avviso è normale è fisiologico perchè non possiamo ritenere che con i quattro ergastoli abbiamo finito il nostro lavoro. Il nostro lavoro continua e deve continuare perchè il loro lavoro continua”. Sul passato, dal punto di vista investigativo, c’è ancora da scavare? “Sicuramente, quelli che sono stati gli affari dell’Ndrangheta negli anni passati potrebbero trovare una ulteriore spiegazione ad esempio se ci fosse una collaborazione importante”.
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