REGGIO EMILIA – Allarme economia. Nel 2024 c’è stato un boom di ricorso alla cassa integrazione in tutta l’Emilia-Romagna, con un incremento medio del 54,7% sull’anno precedente, ma la provincia di Reggio Emilia è quella dove la crescita è stata maggiore +136,3%, con le ore passate da poco meno di 5 milioni nel 2023 a 11.663.827. A rischio c’è la tenuta della manifattura e della produzione industriale che hanno fatto grande il nostro territorio.
A dirlo i dati diffusi ieri dall’Osservatorio INPS che confermano e aggravano le preoccupazioni sollevate in questi mesi a livello nazionale e regionale. Nel 2024 in Emilia-Romagna sono state autorizzate 60,5 milioni di ore di CIG, tra cassa ordinaria, straordinaria e in deroga contro i 39 milioni del 2023. Si tratta dei dati più elevati dalla fine dell’emergenza pandemica. Addirittura peggiori rispetto alla media nazionale dove l’aumento è stato del 21,1% con più di 495 milioni di ore di cassa autorizzate.
In Emilia Romagna a essere interessate dal ricorso alla cassa integrazione sono state in particolare piccole imprese, artigianato, tessile, abbigliamento, calzature, meccanica e automotive e industria alimentare. Particolarmente allarmanti sono i dati degli ultimi mesi dell’anno. La crisi sta colpendo con particolare forza il comparto artigiano, ovvero il tessuto di piccole e piccolissime imprese, fondamentale per l’economia della nostra Regione.
“I dati rilasciati dall’INPS – commenta il Segretario Generale CGIL Emilia Romagna Massimo Bussandri – sono gravi e preoccupanti. Contesto internazionale, crisi della manifattura tedesca e rallentamento dell’economia italiana stanno mettendo a dura prova la tenuta del sistema manifatturiero a livello nazionale e regionale. La crisi industriale dovrebbe essere la priorità del Governo, che invece ripropone la ricetta inutile e dannosa dell’austerità, come sempre pagata dai più deboli. Chiediamo da mesi risposte concrete su investimenti, politiche industriali e ammortizzatori sociali ma il Governo appare completamente disinteressato alle condizioni reali dell’economia e del lavoro del Paese. E’ ora – conclude Bussandri – che il Governo metta da parte la propaganda con cui cerca di distogliere l’attenzione dai suoi fallimenti. Servono ammortizzatori in deroga per i settori maggiormente colpiti e servono politiche industriali in grado di accompagnare il sistema produttivo nella transizione ecologica e nella rivoluzione tecnologica. L’apertura da parte del Governo alla proroga dell’ammortizzatore in deroga per il comparto della moda non è tuttavia sufficiente. Devono arrivare risposte per tutti i settori in crisi, a partire dal metalmeccanico e dall’automotive”.
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