REGGIO EMILIA – Torniamo sul fenomeno dei tanti arrivi a Reggio di cittadini egiziani. L’ipotesi è che siano attirati dalla necessità di manodopera nei cantieri, ma sentiamo la testimonianza di un imprenditore edile di origine egiziana.
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Gli egiziani de Il Cairo si dirigono verso Roma, quelli di Monufia a Milano. Chi è originario di Alessandria ha contatti nel modenese. Gli egiziani che arrivano a Reggio provengono solitamente dalla zona di Beheira. Elsayed Abueid, 55 anni, ci racconta che le rotte vengono decise in base ai contatti con conoscenti e parenti: prima era il passaparola, adesso sono Whatsapp e Telegram. Ma i suoi connazionali non arrivano perchè vogliono vivere in Italia: arrivano perché vogliono fuggire dall’Egitto. E’ un’immigrazione per necessità. Vive qui dall’inizio degli anni ’90 ed era tornato in patria nel 2011, ma un anno più tardi si è visto costretto a ripartire.
“Abbiamo fatto la rivolta, dopo la quale c’è tato un colpo di Stato. L’esercito comanda ancora il Paese. Manca il lavoro, non c’è uguaglianza, legge, non ci sono diritti umani. Quando uno si sente in gabbia e non riesce a lavorare, scappa”.
Ha una laurea in economia e commercio ma qui ha sempre lavorato in campo edilizio. Ora ha un’impresa sua. Ha un osservatorio privilegiato quindi sul fenomeno dei tanti arrivi degli ultimi mesi ipoteticamente attirati dai cantieri, e lui non pensa che sia così: “Forse fanno pulizie, piccole manutenzioni, magari giardini, ma non credo trovino lavoro nei cantieri del 110. Troppo pericoloso. Devono passare anni per avere il permesso di soggiorno. Bisognerebbe chiedere al Governo di regolarizzare queste persone così da farle lavorare tranquillamente”.
Il tema comunque del rischio del lavoro nero esiste eccome. “Se aumentano i clandestini sul lavoro, rovinano il mercato del lavoro e ci sarà sempre sfruttamento”.
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