
Eleonora Giovanardi (foto di di Marcella Foccardi)
REGGIO EMILIA – “Bisogna sdoganare l’idea che la donna, per essere alla pari dell’uomo, debba comportarsi come tale”. Attivista e femminista convinta, l’attrice reggiana Eleonora Giovanardi da sempre si batte per la parità di genere e contro la violenza sulle donne nel mondo dello spettacolo e del teatro. Per questo nel 2020 è tra le fondatrici di Amleta, associazione tutta al femminile che si occupa di inclusione e valorizzazione della presenza e della dignità delle donne che lavorano nello show business.
Classe 1982, dopo essere stata ammessa alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, si fa strada nel mondo dello spettacolo grazie al suo talento e alla sua versatilità. È stata candidata al Golden Graal del 2011 come miglior attrice drammatica nello spettacolo teatrale “Donna Rosita Nubile”. È conosciuta dal grande pubblico soprattutto per aver recitato insieme a Checco Zalone nel film “Quo vado?”, regia di Gennaro Nunziante. Di recente ha interpretato il personaggio “antagonista” nella fiction di Rai 1 “Lea, una nuova vita”.
Nel 2021 le viene riconosciuta l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica e da due anni ha l’onore di condurre le celebrazioni ufficiali per il giorno della memoria. Quest’anno la cerimonia è stata aperta da un messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, letto dalla stessa Giovanardi.
Emanuele Aldrovandi, che ho intervistato di recente, ha sottolineato un aspetto molto interessante del mondo teatrale in Italia: la mancanza di innovazione nelle produzioni più recenti. Lei cosa ne pensa?
Penso abbia ragione, soprattutto per quanto riguarda i contenuti. Dal punto di vista della drammaturgia contemporanea c’è un grandissimo movimento a cui, però, non viene dato abbastanza spazio. Con Emanuele ci vedremo presto perché debutteremo insieme a Torino con il suo nuovo testo “L’estinzione della razza umana”. Mi fa molto piacere poter lavorare con un mio concittadino.

Eleonora Giovanardi (foto di di Marcella Foccardi)
Nel mondo della televisione invece riscontra gli stessi problemi?
Dipende tutto dal mezzo: la televisione generalista ha un’impostazione più conservatrice, ha un target di pubblico e quindi c’è una posizione meno “d’attacco”. D’altro canto, però, siamo costretti dalle piattaforme streaming come Netflix, Amazon Prime, HBO, Disney + a rimanere al passo con quanto sta accadendo all’estero e stare al pari con la concorrenza. Non siamo ancora ai livelli delle grande industrie americane perché non abbiamo i numeri. Però anche noi dobbiamo essere innovativi e credo quindi che la concorrenza ci spinga a cercare di innovare i prodotti, soprattutto da un punto di vista di inclusività globale.
Com’è per una donna lavorare nel mondo dello spettacolo? Cos’è cambiato, in meglio o in peggio, dal suo esordio ad oggi?
Per una donna è difficile per determinati versi così come per un uomo per altri.
Non so se il cambiamento è avvenuto all’esterno oppure nel mio sguardo. Per me la fondazione dell’associazione di promozione sociale Amleta nel 2019, di cui sono co-fondatrice, è stato un cambio radicale. Ha risvegliato in me un femminismo intersezionale e da quel momento la mia ottica si è modificata. Però non so se sono cambiata io e quindi quando si trattano certi temi sono più decisa e mi importa molto meno del giudizio oppure se si è trasformato l’ambiente circostante. Sulle tematiche inerenti il femminismo e l’inclusività credo ci sia più attenzione anche grazie ad associazioni come la nostra, ma non solo, che tengono i riflettori puntati su questi temi.

Eleonora Giovanardi (foto di di Marcella Foccardi)
Ci parli della sua associazione Amleta, degli obiettivi che si pone e dei progetti in corso o futuri.
Amleta è un’associazione di promozione sociale che si batte per l’uguaglianza e contro la violenza di genere nel mondo dello spettacolo. È stata fondata da 28 attrici distribuite su tutto il territorio nazionale. I tesserati ora sono più di 600 quindi l’associazione in pochissimi anni si è allargata molto. Le attività che abbiamo messo in atto per raggiungere i nostri obiettivi e parlare dei nostri temi sono diversificate. Abbiamo ad esempio fatto una mappatura della presenza femminile nei teatri italiani, è presente un centro all’interno di Amleta dedicato a contrastare la violenza gestito da alcune mie colleghe, altre invece hanno realizzato il “test Amleta” per leggere i testi della drammaturgia contemporanea sotto un’ottica di genere e inclusività, non per valutarli.
Maggio inoltre è il mese del festival Amleta: ci stiamo affacciando al mondo dei festival a Milano e faremo tappa in tutti i principali teatri del capoluogo lombardo. Il cuore pulsante di questo festival sarà però all’MTM Teatro Leonardo dove saremo dal 26 al 29 maggio con quattro serate dedicate a temi specifici: drammaturgia, inclusività, contrasto alla violenza e genitorialità.
Secondo lei, perché la figura femminile è ancora così tanto discriminata all’interno del mondo dello spettacolo?
La base di tutto è legata a doppio filo alla cultura patriarcale della nostra società. C’è poi una specifica particolare legata al corpo delle attrici, il limite nell’ambito della recitazione è più difficile e sfumato da definire. A volte ci sono situazioni che possono essere più pericolose all’interno del mondo dello spettacolo perché l’attrice utilizza il suo corpo e di conseguenza si mette in mostra, quindi è più facile che si trovi a vivere esperienze non gradite. C’è questa specifica sul corpo dell’attrice che fa parte del nostro settore in particolare.
Che consigli darebbe a una giovane ragazza che decide di intraprendere la carriera da attrice o regista oggi? Come può emergere una donna senza per forza doversi mettere in mostra?
Io non trovo nulla di male nel mettersi in mostra così come nel non farlo: ritengo che ogni donna debba essere libera di decidere per se stessa. Il consiglio che do è studiare e sapere che, essendo questo un ambiente chiuso ed elitario, ci sono molti sacrifici da compiere, anche a livello personale. Il passaggio che deve essere compiuto oggi, ma credo che le nuove generazioni lo stiano già facendo, deve avvenire nell’ambito della leadership al femminile. Bisogna sdoganare l’idea che la donna, per essere alla pari dell’uomo, debba comportarsi come tale. È necessario eliminare tutta una serie di valori errati: non bisogna avere paura di mettersi in mostra o dell’aggressività, tratto che fa parte di ognuno di noi, e nemmeno di quei valori positivi della leadership femminile, come fare gruppo, che non devono essere considerati di serie B. Le generazioni precedenti sono state costrette a farlo perché c’era l’idea che i valori positivi fossero tutti legati al campo del maschile. Ora per fortuna abbiamo fatto grandi passi avanti e dobbiamo continuare su questa strada, trovando un modo per essere al potere e metterci in luce in modo positivo.
Ha deciso di diventare attrice dopo la laurea, quando e com’è nata la passione per la recitazione?
L’incontro con la recitazione è avvenuto molto prima, a 14 anni, a Reggio con la compagnia MaMiMo, ricordo ancora il giorno esatto! Dopo l’università è diventato qualcosa di più professionale, un vero e proprio lavoro.
Ha interpretato i ruoli più svariati nella sua carriera, qual è quello che le si addice di più e quello invece che non la rispecchia affatto?
Un’attrice vorrebbe poter fare tutto anche se con il tempo si capisce che non è possibile, sicuramente è grazie allo studio che si riesce a familiarizzare anche con ruoli più distanti dal nostro modo di essere o comunque difficili da interpretare. Ad esempio il personaggio della poliziotta in “Non uccidere” è stato complesso da recitare perché si trattava di un’antagonista che parteggiava per i malviventi, era davvero complicata. Un ruolo che invece ho amato molto è stato quello di Soledad, protagonista del film omonimo, anche se io ho interpretato la parte dell’amica anarchica della. Un personaggio che mi rispecchia per la sua positività è certamente quello di Valeria, nel film “Quo Vado?” con Checco Zalone.
Come ha influito la pandemia sul suo lavoro?
È stato qualcosa con cui, a livello psicologico, non ho ancora fatto totalmente i conti. Sul lavoro è stato un disastro perché il virus ha imposto uno stop improvviso al nostro settore e non è del tutto scomparso, perché ci sono ancora procedure specifiche da rispettare sui set. Però ci sono stati anche elementi positivi: Amleta ad esempio è uno di questi in quanto nata in quel periodo.
Quali sono i suoi impegni lavorativi futuri?
Indubbiamente lo spettacolo con Emanuele (Aldrovandi, nda), che debutterà tra pochissimo, il 17 maggio. Sono contenta perché tornerò a lavorare con amici e persone a cui sono molto legata, è una bella emozione.
Leggi anche
Aldrovandi: “Le istituzioni non abbiano paura dell’innovazione a teatro”
Reggio Emilia teatro intervista Milano violenza sulle donne spettacolo parità di genere Eleonora Giovanardi Amleta












