REGGIO EMILIA – Da settembre il personale dell’Ufficio Antimafia della prefettura di Reggio è stato assorbito dalla Regione. Parliamo di quattro persone, ma la cosa non è da poco, perché quelle quattro persone erano quella che si potrebbe definire la “squadra delle Interdittive antimafia”. Funzionari che, ovviamente sotto la guida dei prefetti che in questi anni si sono succeduti, si occupavano, una volta ricevute le richieste delle ditte di poter lavorare col pubblico, di ricostruire la storia dell’azienda in questione, passando poi le informazioni al gruppo interforze e al prefetto. La stessa prefetta Maria Rita Cocciufa, che si è spesa moltissimo per riuscire a trattenere il personale, aveva parlato di un pool di funzionari. Un ufficio che ha ottenuto risultati straordinari, facendo della prefettura di Reggio un modello nella lotta alle infiltrazioni.
Cos’è accaduto? Quel personale era arrivato dalla Regione come rinforzo nel 2014 tramite un accordo col Ministero degli Interni, quando il lavoro nelle prefetture e negli enti locali emiliani era enormemente aumentato per le pratiche riguardanti la ricostruzione post sisma, compresa la compilazione delle white list. Diciotto funzionari erano quindi andati a dare man forte agli uffici di Reggio, Modena, Bologna e Ferrara, assunti a tempo determinato dal Commissario per la ricostruzione.
Negli anni, con le conoscenze maturate, questo personale, rimasto sempre precario, ha poi lavorato sulle informative antimafia che alle white list sono collegate, con i risultati di cui si diceva. Fino a settembre. L’accordo col ministero è scaduto e il ministero stesso ha ritenuto di non rinnovarlo, nonostante le richieste dei prefetti, in primis di quella di Reggio, e della Regione stessa, che ben conosce il valore dei risultati di questi anni. L’ipotesi è quella di indire un concorso, anche se c’è una trattativa ancora aperta per arrivare ad una soluzione.
Sta di fatto che però, nel frattempo, il personale è stato riassegnato agli uffici bolognesi e a diverse mansioni. Chi arriverà a sostituirli, con tutta la buona volontà, non sarà evidentemente in possesso di quel bagaglio di conoscenze costruito negli anni, fondamentale in questo tipo di attività e così necessario in un territorio come quello reggiano ed emiliano. Le sentenze continuano a dimostrarlo, a dieci anni di distanza dall’inchiesta Aemilia.
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